F-Psicoarchitettura appunti

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f-Psicoarchitettura appunti 19

Appuntando la data e l’ora della nascita e della morte spontanea di una persona (ma anche di animali), quindi no parti cesarei, no eutanasia, è stato notato che ci sono dei rapporti numerici, e dei rapporti numerici con altri soggetti per esempio familiari stretti. Questi rapporti o ricorrenze numeriche sono estrapolati dalla misurazione del tempo in modo condiviso (anno mese giorno ora). Anche lo spazio ha una misura condivisa, con numeri che sono gli stessi del tempo, ma anche utilizzati nei testi sacri. Ci sono già dei templi, delle chiese, in particolare chiese medioevali, costruiti tenendo conto della numerologia riportata dai testi sacri. Questi edifici uniscono “l’anima” con lo spazio e il tempo, utilizzando riferimenti numerici che sembrano casuali, e che sono riportati nei testi sacri. Questa cosa avviene parallelamente in più religioni.

Quello che vorrei proporre è una progettazione in cui “l’anima” del committente e dei suoi antenati, o della comunità che commissione il progetto, venga riportata nel progetto edificatorio, secondo la teoria che ho descritto nei precedenti 18 appunti, e analizzando i rapporti numerici ricorrenti nella storia della comunità per esempio, o nella storia familiare o nella storia individuale, in modo da “spiritualizzare” l’architettura, come venne fatto per esempio nel medio evo, ma in modo più “identitario-centrico” mettendo al centro il soggetto umano, animale, vegetale, la sua identità energetica. Questa vorrebbe essere la psico-architettura. (psico “anima” architettura “archetipo tecnico” /archè(anima)-tecnico (tettura) paradigma teorico di Renato Rizzi docente IUAV Venezia). In altre parole tradurre in spazio (ciò che percepiamo come spazio) la simbologia numerica, che utilizziamo nel pensiero (dimensione energetica intangibile) mettendoli traducendoli come appaiono in relazione nella realtà energetica dei cosi detti fatti (morte, nascita, altri eventi casuali).

f-psicoarchitettura appunti 18

Concepimento e morte.

Nel momento dell’entrata dell’identità energetica nella dimensione del mondo materiale, cioè nell’atto del concepimento (incontro fra un seme o più semi maschili e ovulo femminile, o il momento in altre forme di vita che da luogo all’inizio ) avviene come se “una scintilla di luce” dovesse passare in uno spazio piccolissimo per lei, che la costringe a “compattarsi-restringersi” al fine di far trasmigrare pochi pacchetti energetici, delle dimensioni immateriali, che entrando nella dimensione materiale, si trasformano in “espressioni energetiche materiali” che contengono tutta l’informazione utile per organizzare gli altri flussi di espressioni energetiche immateriali,  trasformative verso la dimensione materiale, e cioè in espressioni energetiche materiali. Questo passaggio per il canale stretto è molto traumatico, ed è traumatico come il passaggio per il canale stretto che avviene nel momento della morte, o per meglio dire della cessazione di ogni movimento proprio del corpo umano (o altro corpo vivente) cioè: espressione energetica materiale, mentre nel concepimento l’energia individuale viene spinta forzatamente verso il canale stretto che porta al movimento materiale proprio dell’espressione energetica materiale, da cui inizia poi la replicazione cellulare, alla morte invece avviene il contrario e la spinta avviene violentemente verso la cessazione di ogni movimento. La malattia è un avvicinamento verso la condizione di morte, in particolare in quelle forme in cui progressivamente viene ridotta la percezione sensoriale e la possibilità di movimento, la malattia rende meno traumatico il passaggio perché lentamente abitua l’identità  energetica al nuovo stato dimensionale.

Con la morte in particolare sembrerebbe problematico (per chi sta morendo) e quindi più traumatica la separazione affettiva da persone (per esempio figli) che ancora permarranno nella dimensione materiale, come se ci fosse una sovrapposizione di alcuni pacchetti energetici, delle due identità energetiche (per esempio madre e figlio) sembrerebbe che tale sovrapposizione sia come una condivisione di unità energetiche di due identità energetiche, forse qualcosa che è avvenuto durante la gravidanza in cui le due identità energetiche in qualche modo potevano condividere unità energetiche, fino al momento della nascita. La nascita è un altro momento traumatico ma non cosi violento come quello del concepimento e della morte.

Il fenomeno può avvenire anche con altre forme viventi persone, animali domestici, mondo vegetale (giardini), sembrerebbe che la relazione d’amore con un’altra identità energetica, cioè forma vivente, porti a condividere alcune unità energetiche, non solo in termini di comunicazione come esplicitato negli appunti precedenti ma anche in termini di trasformazione energetica condivisa. Molti sono i fenomeni e o racconti di fenomeni che si potrebbero spiegare teorizzando in questo modo, fenomeni che non è utile elencare qui.

f-psicoarchitettura appunti 17

Ogni unità energetica ha come due poli che si uniscono all’infinito un polo riconosce le unità energetiche identitarie formando un solo individuo (umano animale vegetale…) l’altro polo permette di essere in relazione e di interagire con altre identità (percezione, movimento, decisione…) il flusso di unità energetiche passa da un insieme di espressione energetica (materico fisico, materico chimico… ideativo-mentale, emotivo, sentimentale…. ) all’altro in un sistema di insiemi, sottoinsiemi intersezioni ecc… che permettono la complessità delle espressioni energetiche individuali. I flussi possono avere tragitti più o meno ampi creando come dei cerchi concentrici molto ordinati, quando l’unità energetica entra per esempio in un insieme può essere come intrappolata e stazionare-abitare l’insieme, poi come a causa di uno “stato traumatico di rottura” si libera dall’abitare, permettendo il flusso delle unità energetiche individuali da un insieme all’altro in un ciclo “di espressione energetica” infinito. Ogni insieme ha due polarità come l’unità energetica individuale, che volgono all’espressione o al collasso dell’unità energetica stessa a secondo “dell’esperienza energetica” e nel caso del collasso l’unità energetica individuale potrebbe perdere la propria identità. Questa mia, ipotesi teorica sostiene l’idea di una realtà priva della nostra concezione di spazio e tempo, un po’ come accade con il pensiero, immaginando che esistano variabili non temporali e non spaziali anche nell’esperienza tangibile di ogni individuo, che verrebbe vista come esperienza di una quota di unità energetiche identitarie nell’pluri-insieme/dimensione “materiale. La dimensione materiale (come anche le altre dimensioni) conterrebbe infiniti sotto insiemi caratterizzanti (per esempio interpretazione dell’unità energetica della luce trasformata in esperienza visiva) dove l’unità energetica, abitando l’insieme, trasmette alle altre sue unità energetiche (polo di riconoscimento identitario), lo “stato dell’esperienza energetica” unitaria dell’insieme specifico, integrandola con le altre molteplici “stato dell’esperienza energetica”. Quando una unità energetica “collassa” (per esempio le cosi dette lesioni neurologiche) l’integrazione con le altre unità energetiche, è possibile tramite “copie mnemoniche ideiche” prodotte per esempio dalla dimensione ideativa (non materiale) probabilmente il collasso di una o più unità energetiche non finiscono nel nulla e potrebbe essere esso stesso “migrazione non funzionale” dell’unità energetica in un altra dimensione. Il polo dell’unità di relazione con gli altri individui, trasmette come un assenza di quella caratteristica, nello specifico insieme, ma in realtà è una “migrazione”.

f-psicoarchitettura appunti 16

Le dimensioni entro cui abitano le unità energetiche di un individuo, determinano la modalità “di funzionamento” dell’unità energetica, le unità energetiche si organizzano per cosi dire in: pacchetti funzionali, e sono come avvolte da membrane attraverso cui noi vediamo, secondo i nostri schemi mentali, e secondo ciò che comunemente viene definito scienza empirica, ma non è la realtà, è per cosi dirla con Platone l’ombra della realtà, ed è con queste: ombre che noi pensiamo di manipolare la realtà, agendo l’aspetto volitivo che contraddistingue la macro dimensione materiale.

La volontà individuale permette quell’azione che riformula qualitativamente l’unità energetica individuale, che nel corso dell’esperienza energetica, può modificarsi e diventare con la migrazione delle unità energetiche nelle altre dimensioni o trasformarsi in energia libera. Se una quota di energia individuale si trasforma in energia libera il soggetto perde quella quota di energia individuale, forse questa quota di energia individuale si crea attraverso espressioni energetiche volitive ipermaterialistiche, che potrebbero “deindividualizzare” l’unità energetica del soggetto.

In conclusione, quella che definiamo scienza empirica è in realtà l’osservazione come di una “carta regalo” esterna che non dice molto di ciò che è all’interno, è per cosi dire l’osservazione delle  membrane che avvolgono i pacchetti energetici, quindi non è la realtà, il nostro funzionamento cognitivo predispone un osservazione di tale apparenza, in modo riduzionistico, cioè manipola poche categorie ed elementi cosi detti costitutivi, creando costrutti teorici della realtà che sono concettualmente errati, per esempio inserendo variabili come il tempo e lo spazio che in realtà sono “nostre necessità cognitive” che riducono notevolmente la comprensione della realtà, un po’ come i nostri occhi e il nostro sistema visivo che riconosce una banda limitata di onde elettromagnetiche, traducendole cognitivamente in pochi elementi elettro neuronali (on – off) . Ribadisco che la costruzione della realtà sul nostro limite cognitivo in on-off è una costruzione illusoria, che in realtà elabora il fatto che noi vediamo solo l’esterno (la membrana che avvolge pacchetti energetici) e non abbiamo consapevolezza alcuna di come funziona la realtà vera.

Su questa interpretazione illusoria della realtà fenomenica, abbiamo costruito una ulteriore stratificazione tramite l’invenzione di “macchine che elaborano “informazioni” tradotte in segnali elettrici on-off”, questa ulteriore stratificazione (computer, web…) potrebbe risuonare come iper-materialistica e condurre verso una maggiorazione dell’energia libera, cioè unità energetiche che migrano nella zona de-individualizzata della realtà, secondo un presupposto entropico di energia che da ordinata (unità energetiche individuali) diventa “disordinata” o per meglio dire libera-deindividualizzata.

Questo passaggio da “ipermaterialistico” a libero de-individualizzato, di individui (direi solo individui umani) permetterebbe una riduzione della tensione energetica, e una più armonica ed equilibrata espressione energetica di altri individui non umani (vegetali, animali… ), oppure una inversione della modalità energetica, che bloccherebbe “l’espressione energetica” individuale, rendendola forse un po’ come: “deposititi energetici” per successive individualizzazioni o maggiorazioni di corredi energetici esistenti.

Concludendo la progettazione architettonica, dovrebbe tener conto di altre organizzazioni identitarie non umane ( piante, fiori, microrganismi, animali …) che abitano il “costruito”, nell’ottica di una “dematerializzazione” che favorisce l’individualizzazione di chi abita il progetto, seguendo “armonizzazioni energetiche” espressive di dimensioni immateriali, e materiali, che non creino “inversioni energetiche” nell’espressione identitaria individuale dell’unità energetica.

f-psicoarchitettura appunti 15

La realtà è costituita da “identità energetiche” ed energia libera. Ogni identità energetica come detto precedentemente ha una “risonanza” che la contraddistingue ed è unica e irripetibile, le identità energetiche sono infinite e confluiscono nell’infinito che è D.

 A questo proposito la mia teoria si discosta dal concettualismo ebraico che ritiene che un numero finito di suoni (lettere dell’alfabeto ebraico) è in grado di esprimere tutta la parola di D., come un numero finito di elementi sono in grado di produrre tutto il fenomenico, nello stesso modo con cui 4 basi azotate codificano in diverse combinazioni tutti i viventi.

Cioè che ci sono innumerevoli combinazioni da un numero finito di elementi, io invece sono convinta che questa è solo l’apparenza, in altre parole noi identifichiamo la realtà con il nostro modello cognitivo quello che utilizziamo per poterla interpretare, è per esempio quella rimandata ai nostri sensi, tramite la rifrazione della luce (aspetto visivo, termico..), e interpretata in modo limitato, quasi come se fosse sostenuta da un codice binario (destro sinistro, alto basso, on off delle cellule retiniche…). Anche l’informatica riproduce il limitatissimo modus operandi della nostra mente,  il modo con cui la nostra mente interpreta le dinamiche e le identità energetiche, e la realtà fenomenica, per esempio dividendo per semplicistiche categorie, ripetendo ossessivamente cose ritenute uguali che uguali non sono ecc….

Premesso questo, cioè che il paradigma andrebbe capovolto da numero finito a possibilità infinite, a “infinito convergente all’unico generativo (D.) ovvero “infinite vibrazioni energetiche” e infiniti soggetti (identità energetiche) accomunati dal fatto che il loro “movimento” cambia il loro aspetto (cioè quello che identifichiamo come tempo e cambiamento, in realtà sarebbe un movimento e cambiamento).

Ma cosa cambia con questo movimento?

Ogni “identità energetica” è la somma di unità energetiche, che si riconoscono in quanto hanno la stessa “vibrazione-risonanza”, queste unità energetiche abitano diverse dimensioni, come se fossero sottoinsiemi del soggetto unico, cioè dell’identità energetica.

Facciamo un esempio, i sentimenti abitano nel sotto insieme x, i pensieri nel sottoinsieme y, x e y possono intersecarsi e dare luogo a una dimensione diversa quella dei pensieri che generano sentimenti e viceversa, a sua volta le macro dimensioni (materia, pensiero, sentimento, spiritualità) possono generare derivazioni di micro dimensioni, che sono espressioni energetiche d’identità, generate da unità energetiche aventi due poli, quello con la vibrazione identitaria unica dell’individuo (riconoscimento energetico) e quello con vibrazione/risonanza di tipo comunicativo con altri individui (destino).

Questa comunicazione con le unità energetiche degli altri individui, genera quel movimento che produce migrazione di unità energetiche da una dimensione all’altra, cioè il cosi detto tempo, che genera cambiamenti nel soggetto, altro non è che la migrazione di unità energetiche da una dimensione (o intersezione di più dimensioni) all’altra.

Il destino di tutte le identità energetiche è il passaggio delle unità energetiche del soggetto, dalla macro dimensione materiale, alle altre dimensioni immateriali, è un passaggio qualitativo, il tempo non c’entra nulla in questa organizzazione energetica, semplicemente il soggetto perde la forma percepibile con i sensi (dimensione materiale) fino a estinguersi completamente (marcimento, cibo per altre identità energetiche, incenerimento ….) le unità energetiche del soggetto con la perdita della forma migrano in dimensioni immateriali.

Quando una parte delle unità energetiche dell’individuo vivente, migra nella dimensione materiale, si ha la cosi detta nascita del soggetto, e con la cosi detta crescita un maggior numero di unità energetiche migra dalle dimensioni immateriali a quelle materiali, con la cosi detta morte avviene il contrario, e dopo la morte nella dimensione materiale resta solo “l’ombra energetica” del soggetto, per cosi dire “la memoria energetica”. Sulla memoria energetica la cosa diventa più complessa e forse inserirò questo concetto in appunti successivi.

f-psicoarchitettura appunti 14

L’ombra

Quando nasciamo, veniamo scaraventati “nell’ombra”, dove sperimentiamo l’illusione del tempo e dello spazio e il “limite” in sé.

E’ in questa illusione che “giochiamo a dadi con D.”(*) nella speranza di provare a essere senza l’illusione del limite spazio-temporale.

Con la morte veniamo tolti dall’ombra, dove non esiste ne tempo ne spazio ma solo energia e movimento, allora possiamo decidere di fare un altro viaggio nell’ombra oppure no, l’ombra in se permette una più sottile differenziazione, che altrimenti non sarebbe possibile. La differenziazione nell’ombra permette l’ individuazione che persiste dopo la morte, se vogliamo cambiare qualcosa dell’individualità dobbiamo tornare nell’ombra (fare esperienza esistenziale) con i vantaggi e i rischi che questo comporta, in termini di collocazione qualitativa energetica più alta o più bassa da cui deriva un “movimento” più veloce e ritmico (entropicamente verso l’ordine) o meno (verso il disordine).

(*) A. Einstein: D. non gioca a dadi.

f-psicoarchitettura appunti 13

Partendo dall’idea che alla base di tutto ci sia solo: “espressione energetica identitaria” che si estrinseca su due modalità: risonanza-movimento, introduco un terzo concetto: il ciclo.

La “risonanza energetica” permette quella organizzazione caratteristica di pacchetti energetici, che permettono alla “coscienza” di ciascun individuo (vegetale-animale-umano) di fare esperienza, e questo è possibile se la cosi-detta anima o mente costruisce “illusioni” ovvero, costruzioni condivise con altri individui di: tempo, spazio, visione, suono…. La risonanza si muove verso l’equilibrio, (con due caratteristiche: l’intensità e la persistenza), che dal punto di vista entropico, potrebbe essere “l’ordine”, il movimento invece si muove verso “il disordine” e in un certo senso distrugge quello che la risonanza crea. Il movimento (con due caratteristiche: congruenza incongruenza) per sua natura va verso quello che noi definiamo morte, che è la fine dell’esperienza dell’anima nella dimensione materiale. Il “movimento” permette quindi, con la morte il passaggio nelle dimensioni energetiche, immateriali, da dove probabilmente riparte un nuovo ciclo, con il passaggio di una parte delle unità energetiche individuali, di nuovo nella dimensione materiale, che noi definiamo nascita. A questo punto i pareri religiosi si discostano, per alcuni esiste un solo ciclo per altri esistono infiniti cicli, per altri un numero limitato di cicli. Poco importa che le religioni si discostano, la cosa potrebbe solo significare che non tutti gli individui hanno lo “stesso destino energetico” e che la verità sia “sovra-religiosa” essendo in se la religione solo per gli individui umani e limitata in se dal linguaggio umano che ne limita l’espressione completa.

Riassumendo la realtà è costituita da individui con identità energetiche, organizzate in diverse dimensioni ed espressioni energetiche, che si orientano in prevalenza verso la risonanza (es mondo vegetale) o verso il movimento (dai microrganismi agli individui umani) costituendo cicli di esperienza individuale (in cui misurare l’espressione individuale di libertà) che possono essere monocicli o policicli esperienziali.

f-psicoarchitettura appunti 12

Il cuore dell’albero

 

Poiché l’uomo cammina attorno alla terra (orizzontale) e la pianta non può vivere senza sole (verticale) ipotizziamo un continuum verticale – orizzontale dove la pianta è a un polo e l’uomo al polo opposto.

Questo continuum è “la relazione-comunicazione” con l’esterno dell’unità energetica individuale, tutto il fenomenico è unità energetica individuale, ognuno di noi è costituito da miliardi di unità energetiche, organizzate in “sottoinsiemi funzionali”, che hanno una “risonanza” come una specifica e unica lunghezza d’onda, che permette a tutte le unità energetiche di un individuo di riconoscersi, le unità energetiche sono in relazione fra loro e comunicano all’esterno, in base a precise dinamiche fisiche, lo spazio e il tempo non esistono, sono in realtà delle costruzioni della nostra mente, ipoteticamente potremmo avere una unità energetica “distante” per cosi dire anni luce, ma è la sua “risonanza” che la fa riconoscere dalle altre unità energetiche, questo spiega i fenomeni cosi detti paranormali, previsioni di cosa accadrà, perché il tempo non esiste ma esistono precise esperienze che la nostra mente colloca in una costruzione di tempo, quando la nostra mente non costruisce il tempo e lo spazio siamo nella dimensione originale, per esempio il sogno, dove non possiamo avere esperienze mediate dai sensi.

L’architettura dovrebbe essere costruita in base a questa teoria, cioè concependo l’abitare come minimizzazione delle interferenza “dissonanti” favorendo “risonanze” utili per la coscienza e per il senso della vita che un individuo vuole dare alla propria esistenza.

L’abitare è in sé: “possedere stare”, nel tempo e nello spazio costruito, condividendo con altri individui la costruzione dello spazio e del tempo, è la condivisione della stessa modalità spazio-temporale, ci da la sensazione dell’oggettività, tutti lo facciamo nello stesso modo, ma questo non da certezza che sia realmente cosi.

Tornando per esempio all’albero, l’albero vive senza togliere la vita a nessun altro individuo, anzi molto spesso la permette, per esempio producendo ossigeno, frutti eccetera…., il cuore dell’albero, cioè quella cosa che permette all’albero di vivere è esterno, è il sole, il cuore dell’uomo è interno, ed è un muscolo sempre in movimento, il movimento caratterizza l’esperienza esistenziale dell’uomo (al punto opposto del continuum) e la sua relazione orizzontale, la stabilità caratterizza l’esperienza esistenziale dell’albero, e la sua relazione verticale di tipo elettromagnetico con il sole, gli elementi alla fine sono due: “la risonanza” (elettromagnetica ) e il “movimento” o esperienza di movimento che richiede che la mente costruisca il tempo e lo spazio.

L’abitazione, di una o più persone, dovrebbe essere concepita come se fosse “un individuo”, una struttura organizzata, con il cuore all’esterno, come le piante, capace di fornire “abitabilità” senza deperire (o almeno riducendo al minimo la sua “morte”),  e in autonomia, dovrebbe essere costruita con materiale vivo e non privo di vita come si fa adesso.

L’aspetto igienico dovrebbe essere ponderato nell’ottica di un ecosistema perfetto che non favorisce il prevalere di una specie individuale sull’altra. Il cuore pulsante di una casa dovrebbe essere il sole, il sangue, l’acqua che scorre all’interno di essa, il respiro, l’aria e il vento che l’attraversano, chiaro che la struttura dev’essere per cosi dire una struttura eterna, per esempio l’acciaio, è il suo scheletro, ma il resto dovrebbe avere la possibilità di continuare a vivere, una casa dove scorre la vita è, per dirla con Jung, diventa l’alter ego dell’individuo umano, che invece è orientato a togliere la vita a tutto ciò che lo circonda, la casa concepita come un albero che non toglie la vita posto sul punto opposto del continuum: individui vegetali/piante-individui animali/umani.

f-psicoarchitettura appunti 11

Comunicazione verticale e orizzontale.

 

Intendo per comunicazione, quella cosa anche fisico-chimica, che mette in relazione l’individuo con qualcosa d’altro.

Per individuo intendo un organismo vivente, che nasce cresce e muore, quindi compresa la vegetazione, piante fiori, e non solo tutti gli animali, da quelli unicellulari a quelli più complessi.

La vegetazione ha prevalentemente una comunicazione verticale, di tipo bio-fisico, con il sole, e sotto radicale (tramite le radici) con gli altri individui della sua specie, e una comunicazione fluida attraverso l’acqua e l’aria anche di tipo sostanzialmente verticale.

All’opposto delle piante ci sono gli individui umani, che hanno una comunicazione prevalentemente orizzontale, anche attraverso lo spostamento fisico del proprio corpo in senso orizzontale, fra tutti la comunicazione degli individui umani, anche attraverso il linguaggio, permette una più forte e imponente capacità di trasformazione da materiale vivente a materiale inerte (per esempio rifiuti) di tutti gli altri individui vegetali e animali. Questa capacità di trasformare il mondo degli esseri umani ha un carattere involutivo, nel senso peggiorativo di de-differenziazione omologazione riduzione a poche specie viventi, mentre la comunicazione verticale, per esempio delle piante, ha un carattere evolutivo nel senso di maggiore predisposizione alla differenziazione individuale di ciò che esiste sulla terra.

L’identità energetica del mondo vegetale è più spirituale dell’identità energetica degli individui umani, i quali sono orientati a una de-spiritualizzazione materialistica inerte, alcuni individui umani si discostano dal loro destino de-spiritualizzante dandosi un gran da fare per proteggere gli individui di altre specie animali e vegetali, dalla furia distruttiva dei loro consimili, ma spesso con risultati poco apprezzabili. Ci sono anche individui umani che inventano una pseudo-spiritualità, di tipo antropocentrico, che chiamano religione, ma non è chiaro se questo sia di origine e derivazione spirituale o materialistica.

A cosa servono queste considerazioni? A pensare a una architettura di tipo spirituale, appunto psico-architettura, orientata a una maggiore equilibrio rispetto al mondo, partendo da constatazioni semplici come la fotosintesi clorofilliana (comunicazione verticale) e la devitalizzazione che l’uomo crea attorno a se per esempio con la costruzione di grandi città.

f-psicoarchitettura appunti 10

Le attività umane si possono distinguere sostanzialmente in due categorie:

spiritualistiche e materialistiche.

Le attività spiritualistiche riguardano l’aspetto qualitativo.

Le attività materialistiche riguardano l’aspetto quantitativo.

Il potere sociale acquisito con le attività spiritualistiche riguarda in prevalenza l’area etica, giuridica, politica, religiosa, intellettuale, artistica.

Il potere sociale acquisito con le attività materialistiche riguarda in prevalenza l’area commerciale, produttivo-industriale, costruttivo-architettonica e ingegneristica, produttivo agricola o in genere riguardante lo sfruttamento delle risorse naturali.

La valutazione “premiale” è il sistema prevalente per il riconoscimento qualitativo delle attività spirituali, la valutazione monetaria è il sistema prevalente per lo scambio e l’accumulo di beni materiali.

La qualificazione delle attività spirituali avviene principalmente mediante un processo nel tempo e mediante l’esercizio specifico, per lo più individuale, simile a quanto avviene per le attività sportive.

La quantificazione delle attività materiali avviene per lo più attraverso, la trasformazione di risorse materiali, lo sfruttamento, l’accumulo, l’esercizio del proprio interesse, attraverso contratti o accordi che godono di tutele giuridiche.

 

Quando le attività spirituali e quelle materiali vengono forzatamente mescolate assieme nella concettualizzazione ideica del discorso, viene prodotta distopia, il pensiero si aliena e le attività si impaludano in produzioni spirito materialistiche, avulse da senso e da coerenza.

Questo accade per esempio quando la politica si mescola con l’economia o con il sistema giuridico o scientifico-sanitario eccetera.

Quando è massimo o prevalente sulle altre aree, il potere sociale acquisito da un’attività spiritualistica, come per esempio la politica nazionale, e possibile forzare la mescolanza nell’illusoria supponenza di poter acquisire più potere sociale, questo avvenne per esempio durante il fascismo, quando la politica si trasformò da attività spiritualistica (giustizia sociale) in una attività materialistica di conquista militare di altre nazioni (territori da sfruttare).

Premesso, pur in modo seplificato, questo è mia convinzione che una attività spiritualistica come la psicologia possa danzare senza forzare con alcun che, con un’attività materialistica come l’architettura.

Questo “danzare” di reciproca utilità, richiede che si conoscano le due aree in modo indipendente, come se si praticassero due sport differenti con differenti regole, che ci sia stata un’attività nelle due aree sempre in modo indipendente, in modo da evitare che la minima forzatura,  produca distopia e quindi “attività confuse” in modo entropico, a mio parere non è possibile una collaborazione per esempio fra due professionisti: psicologo-architetto, perché richiede una elaborazione profonda e individuale.

 

Un esempio in cui l’architettura confonde la propria attività rendendola distonica, a mio parere è quando l’architettura forza l’arte, che ha una natura differente dall’architettura, confondendo una espressione estetica fine a se stessa (pittura, scultura) con l’aspetto decorativo, e il buon gusto delle decorazioni, che sono invece parte dell’architettura in quanto ripetibili, mentre l’espressione artistica è in se irripetibile, non può essere artigianale.

Diversamente se l’arte “danza” con l’architettura, come nel caso di Carlo Scarpa, non si crea distonia ma “sublimazione”.

Carlo Scarpa proveniva dall’accademia delle Belle Arti, e si avvicinò con riservatezza e rispetto all’architettura dapprima in modo osservativo e distinto dal suo “esercitare” l’arte, poi riuscì a mio parere in modo stupendo ad armonizzare l’attività spiritualistica (arte) con l’attività materialistica (architettura).

Questo è quello che vorrei fare anch’io con la psicologia e l’architettura, trovare un modo che non sia confusivo ma reciprocamente e profondamente “danzante”.