F-Psicoarchitettura appunti

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Decadentismo accademico? e influenza delle aspettative e delle parole utilizzate nella ricerca scientifica sull’ipotesi specchio di Giacomo Rizzolati.

frenologia_008_Riis (8)versusrete neuronaleIndubbiamente una buona ricerca scientifica non è facile da fare; e in campo psicologico è ancora più difficile perché l’osservatore e l’oggetto osservato coincidono, in altre parole l’oggetto osservato “la mente” coincide con “la mente dell’osservatore” pertanto auto ingannarsi è molto più facile in psicologia che in qualsiasi altra disciplina.

Il ricercatore deve fare i conti con due problemi che invalidano la sua ricerca :

  1. le sue aspettative di trovare qualcosa di congruente con la sua ipotesi
  2. le parole utilizzate nella sua ipotesi che di per sè definiscono le sue aspettative.

Per esempio l’ipotesi specchio di Giacomo Rizzolati, prevede che esista un’ unità funzionale: il neurone, che determina la specificità della realtà psichica, per lui, conosciuta la funzione cellulare del singolo neurone, si comprende il funzionamento di tutto l’organo: “cervello” e nell’ipotesi specchio sarebbe duplice: motoria effettrice e rappresentativa di una azione motoria, questa “duplicità funzionale” di un’area motoria, è stata definita con il termine “specchio”, per indicare l’ipotesi che l’attività neuronale motoria potrebbe essere localizzata in aree confinate in cui il singolo neurone avrebbe sia la funzione di produrre un determinato movimento, sia la funzione di riconoscere lo stesso movimento prodotto da un altro soggetto, è una aggiunta arbitraria quella di pensare che nel cosi detto “fenomeno specchio” il soggetto riconosca il proprio atto motorio come se si trovasse di fronte a uno specchio.

Dal punto di vista psicologico questo è un errore forte, in quanto gli psicologi sono tutti concordi che sia la funzione imitativa, sia la funzione di riconoscimento nell’altro di qualcosa di simile prevede una distinzione fra se e l’altro, in caso contrario si entra in patologie psichiche dove il sé è “come disintegrato” in altre parole il “fenomeno specchio” è presumibilmente più affine alla schizofrenia, dove la distinzione fra sé è l’altro potrebbe essere compromessa.

Il termine “specchio” non è un termine adatto per nominare un fenomeno che preveda sia la produzione di un atto motorio che il riconoscimento dello stesso atto motorio, l’atto motorio implica in sé una finalità, per esempio raggiungere un oggetto, il riconoscimento della stessa finalità motoria in un altro soggetto implica la comprensione della finalità dell’atto motorio, e non la visione di un altro soggetto uguale a se stesso.

Se un ricercatore si aspetta di vedere un “comportamento specchio” perché lo ha nominato in questo modo, e vuole confermare la sua “ipotesi specchio” corre il rischio di vedere in tutti i fenomeni psichici degli “specchi neuronali”, senza che questi esistano.

Per fare un esempio qui uno spezzone audio a caso, di una lezione universitaria, di un ricercatore dell’equipe di un noto neurofisiologo Giacomo Rizzolati.

 

 

inizialmente dice che due soggetti senza arti superiori attiverebbero gli effettori della bocca e dei piedi che andrebbero a sostituire quelli delle mani, a parte il problema della fRMI che per il 70% produrrebbe una “falsa positività” in termini di attivazione di aree corticali, mi pare un po’ azzardato paragonare l’organizzazione neuronale di una persona con caratteristiche fisiche molto differenti (assenza di arti superiori) a una persona che queste caratteristiche non le ha; dove e come si sarebbe dimostrato che il riconoscimento di un atto motorio: movimento della bocca di un soggetto con gli arti superiori, corrisponde a un riconoscimento nel soggetto senza arti superiori della sua stessa finalità dell’atto motorio?

Sempre nello spezzone audio egli critica una psicologa cognitivista, scettica sulla teoria specchio, dicendo che questa psicologa, non coglie il meccanismo di risonanza motoria di rispecchiamento, ma ovvio noi psicologi non vediamo degli specchi nell’ attività cerebrale, tanto più se cognitivisti, vediamo riconoscimenti, sequenze motorie, azioni finalizzate con un vocabolario che utilizza parole che evocano un’ attività psichica e non oggetti d’uso comune: specchi, cui si attribuisce un qualche senso metaforico non ben definito.

Il termine “risonanza” nell’uso del vocabolario psicologico, descrive più un fenomeno di tipo fisico/acustico, piuttosto che un fenomeno psichico, è la psicologia ingenua che utilizza termini approssimativi e metaforici, tipo “risonanza” per indicare un ipotesi di sincronizzazione ideativa, non la psicologia scientifica.

Ma tornando all’episodio iniziale: quello che si è visto in un laboratorio di neurofisiologia di Parma: a un macaco è stato infilato un elettrodo in un solco cervello (area F5), l’elettrodo è stato collegato a un marchingegno che quando rileva un aumento dell’attività elettrica emette un suono, hanno notato che questo marchingegno suonava, sia che il macaco mangiasse (atto motorio finalizzato) sia che osservasse qualcuno prendere del cibo, anche se il cibo è nascoso.

L’ipotesi specchio dice in modo riduzionistico, che l’unità funzionale “singolo neurone dell’area F5” svolge attività psichica di “produzione di atto motorio” e anche “vede il suo atto motorio nell’altro come se fosse uno specchio”.

E allora? Questo dimostra che i neuroni sono in risonanza? Che tutti i neuroni si specchiano in se stessi? Che l’attività psichica è solo una questione di rispecchiamento? Chiamata con altri termini quale: empatia, imitazione neonatale, ma in quante fallacies s’incorre con questo modo di argomentare? fallacia compositionis? petitio principii? cum hoc ergo propter hoc?

Chi sostiene l’ipotesi specchio,i vede ovunque l’effetto rispecchiamento! e allora? l’area motoria è l’area dell’empatia rispecchiante? dalla corteccia motoria passa tutta la psiche umana? gli affetti rispecchianti, le emozioni rispecchianti del volto, le pulsioni rispecchianti, anche le percezioni sono rispecchianti? Come se tutto producesse un effetto specchio, e poi viene meglio se detto in inglese “effetto mirror” ! E allora è lecito chiederci a cosa serve tutta l’altra parte del cervello, se tutto passerebbe dall’area motoria che garantirebbe questo “effetto mirror”! Su questi presupposti viene tenuto un corso di laurea magistrale in psicologia, dove l’80% dei docenti non ha una laurea in psicologia, ma avremo 100 laureati in psicologia all’anno, formati in questo modo, francamente tutto questo mi pare più affine a una sorta di decadentismo culturale piuttosto che altro, e immagino sia un fenomeno accademico di decadenza culturale in materie psicologiche che non si limiti all’Ateneo di Parma.

 

 

Continuando nello spezzone audio, il ricercatore critica una cognitivista inglese dicendo: – quando parla di mirror fa seguire le diapositive del cane di Pavlov che saliva .. e dice che i neuroni mirror, … si tratta di uno dei tanti meccanismi di associazione prevalentemente visuo motorio che troviamo nel cervello, … e i mirror di faccia? (esisterebbero i neuroni specchio che sostengono la mimica facciale) allora lei dice è semplicemente lo specchio è il volto dell’altro, ….. e l’imitazione neonatale?(una ipotesi del 1977, tra l’altro recentemente falsificata in questa ricerca) ….. In mezzo alle ostetriche, al casino della sala parto, al neonato fai vedere il volto dell’adulto ed è l’unico stimolo a cui risponde, ma nell’utero non ci sono altre facce come fa?…. e lei dice è un artefatto, ma se per dimostrare la mia teoria scientifica devo negare l’evidenza empirica! lei dice l’esperienza sensori motoria di un individuo si osserva mentre si esegue un azione, direttamente o in uno specchio, o quando sono viste dagli altri, o quando siamo coinvolti in azioni sincronizzate ……

A parte il tono della lezione che sembra più un arringa a favore dei neuroni specchio, mi stupisco che un neurofisiologo non tenga in considerazione riguardo il fenomeno che avrebbe osservato in sala parto, del neonato che risponderebbe solo al volto di un adulto e non ad altro, di alcune semplici osservazioni sulla maturazione del sistema neuronale dal momento della nascita in poi.

Sappiamo che il cervello di un neonato è pieno di corpi cellulari e poche connessioni, quindi anche la funzione visiva non è formata, il neonato riuscirebbe a vedere meglio ciò che si trova a 20-25 cm dal suo viso (e al ricercatore sui neuroni mirror andrebbe chiesto: ci siamo avvicinati per fare in modo che il neonato dia segni di orientamento al nostro volto?)

Alla nascita l’acuità visiva sarebbe 40 volte più bassa che nell’adulto, come anche la sensibilità al contrasto (di norma è la funzione di alcuni recettori della retina i coni) la fovea del neonato (dove c’è maggiore concentrazione di coni, quindi minor riconoscimento dei dettagli, forma degli occhi, colore…) non è differenziata, e inizia a svilupparsi intorno al 4-5 mese, il cristallino del neonato possiede un alto grado di trasparenza e permette il passaggio di tutte le radiazioni luminose senza assorbimento o riflessione , l’area dove operano i bastoncelli (sensibili al movimento) è un po’ più debole.

Pertanto non è che per caso questo riconoscimento del volto umano sia da imputare al fatto che la conformazione dell’occhio dell’adulto riflette meglio le radiazioni luminose? Stimolo visivo a cui il neonato è più sensibile? E che di quei due pallini di luce (gli occhi) che i neonato vede, il neonato ne percepisca il movimento molto di più di quello che percepiamo noi? E che le labbra essendo più facilmente umide riflettano meglio di altre parti del viso la luce? Inoltre la percezione sarà un’integrazione fra stimoli olfattivi, gustativi… potrebbe anche essere che il neonato riconosca l’odore della madre e il sapore della sua pelle visto che c’è stato per nove mesi dentro…, che si faccia una “mappa tattile” fra la consistenza del capezzolo e le sue labbra, che la associ il tipo di rifrazione degli occhi della madre in quanto legata al piacere della nutrizione, non è per nulla detto che il tutto passi da un sistema visivo ancora immaturo e dalla specificità neuronale ipotizzata dell’area F5, quando ancora le connessioni si devono formare immaginando nell’innegabile funzione istintiva della nutrizione una empatia già consolidata fin dalla nascita sostenuta da neuroni mirror che ancora si devono collegare con altri neuroni.

Concludendo nelle ipotesi specchio dell’equipe di Parma, vi sono a mio parere troppi errori logici, che derivano da un eccessivo bisogno di affermare la propria teoria, che rendono le argomentazioni poco obiettive, poco coerenti con argomentazioni già validate da altri settori disciplinari, fra cui la psicologia cognitiva, lo sviluppo neurofisiologico neonatale ed altro, con il rischio che si entri in una sorta di decadentismo culturale che riguarda la psicologia academica di tipo comportamentisto – frenologico.

fRMI e teoria specchio 70% di errore di misurazione.

mappa-di-internetNel precedente articolo: “validità dell’indagine dei neuroni specchio sugli uomini con fMRI” ho esposto in modo sintetico e divulgativo, quanto sono approssimativi i criteri con cui viene interpretata “l’attività nucleare degli atomi” in fRMI per dedurre l’attività di “specifiche aree” del cervello.

Proprio ieri leggevo un altra evidenza su questo: il 12 febbraio 2016, Anders Eklund, Thomas E. Nichols, and Hans Knutsson hanno pubblicato, su Prooceedings of the National Academy of Sciences of the U.S. of America, una rivista scientifica autorevole, un loro lavoro su circa 500 soggetti. Tale lavoro scientifico di validazione sul procedimento statistico in fRMI, ha controllato la validità di principali software di fRMI per produrre le immagini su monitor che interpreterebbero i segnali in uscita al fine di “mappare” l’attività cerebrale.

Tale studio dichiara che l’errore statistico che dovrebbe essere non superiore al 5%, in realtà si aggira attorno al 70%, quindi un qualche processo causale viene prodotto dal software stesso, che va a interpretare in modo errato (ridondante), ciò che viene rilevato come “attività cerebrale”, anche quando non c’è.

Questo significa che la costruzione della “teoria specchio” (cosi detti neuroni mirror) che si basa sulle “evidenze” delle fRMI sugli uomini, ha dubbio fondamento.

Del resto è noto che l’approccio riduzionistico, che si è sempre rivelato deficitario per lo studio del cervello, non spiega in modo corretto il funzionamento cerebrale.

Le evidenze scientifiche attuali, non manipolate, portano a dedurre che si il cervello abbia un funzionamento basato sulla multifunzionalità neuronale, quindi esisterebbero ben poche aree o neuroni specifici ( i neuroni mirror non sarebbero altro che neuroni polifunzionali come la maggior parte dei neuroni ) organizzati in circuiti neuronali, la specificità dell’ideazione cerebrale (pensiero, emozioni, affetti, comportamenti) deriva dal percorso fatto dallo “stimolo elettrico del cervello” (potenziale d’azione) e non dalla “caratteristica istologica” o neuronale del singolo neurone (funzione della cellula).

La “teoria specchio”, cerca di validare le registrazioni fatte sui macachi (di dubbia validità scientifica a causa della loro invasività) attraverso fRMI sugli uomini, ma i software di queste “immagini” producono errori del 70%, davvero un’enormità, da ciò ne deriva che non può essere valida, per esempio non può essere inferito che i neuroni motori siano: neuroni empatici, e che l’empatia sia specifica di specifiche cellule motorie, tutto questo ha un suo margine di assurdità davvero elevato.

Concludendo se la “teoria specchio” si basa sugli studi con brain neuroimmaging, e i software delle varie fRMI si sono mostrati inaffidabili, la “teoria specchio” non ha per il momento alcun fondamento scientifico, almeno dal punto di vista della psicologia scientifica, per le altre discipline: pedagogia, filosofia, biologia, etologia, medicina, che sono gli attuali ricercatori (le lauree degli attuali ricercatori) facenti parte dell’equipe sulla ricerca dei neuroni specchio, i fondamenti possono anche esserci, ma questo potrebbe essere un esempio di interdisciplinarità non corretta in quanto è assente la necessità di avere dal nucleo forte di pertinenza all’oggetto di studio su cui si fa ricerca, cioè ci dovrebbe essere un numero congruo di psicologi nell’equipe, ma formati da psicologi e non da non psicologi (vedi problema delle LM i cui docenti con laure in psicologia sono il 20%).

Corteccia cerebrale – cito architettura – e la bufala dei neuroni specchio.

Come indicato nel precedente articolo la misura di un singolo neurone è talmente minimale da fare che è lecito ritenere dubbia una qualche possibilità di misurazione, inoltre il neurone è collegato con dendriti e assoni ad altri neuroni posti vicini o distanti, è infatti possibile trovare neuroni con assoni lunghi più di un metro, quindi non è possibile distinguere un’attività prossimale da un’attività distale.

Un ulteriore incongruenza epistemica, circa la misurabilità o meno di presunti neuroni specchio, riguarda la cito-architettura della corteccia cerebrale, a livello istologico si vedono delle stratificazioni i cui neuroni differiscono nella forma in modo evidente, e molto spesso in biologia, la forma cellulare è indice di differenziazione funzionale della cellula.

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Se pensiamo che l’ipotetica misurazione del “singolo” neurone, avviene su macachi mentre compiono delle azioni, la prima cosa che viene spontaneo pensare è: a quale profondità andrebbe l’elettrodo? Com’ è possibile controllare la profondità dell’elettrodo? Più o meno quale tipo di stratificazione si andrebbe a misurare? Il punto di contatto fra elettrodo e tessuto cerebrale di quanto si muove, rispetto la collocazione iniziale, in un macaco che sta compiendo un azione? E di quanto si muove rispetto l’attività di perfusione sanguinea, omeostatica, metabolica o quant’altro?

Chiaro non è credibile che si possa misurare l’attività di singoli neuroni e tanto meno che siano specifici, probabilmente l’elettrodo misura l’attività di un insieme di fenomeni fra cui il potenziale di azione di un gruppo di neuroni, attività che può partire da un neurone ma anche dal fatto che il neurone viene attivato dalla sinapsi di un altri neuroni, che possono trovarsi vicino o molto distanti, dall’elettrodo conficcato nel cervello del macaco.

Inoltre non possiamo immaginare il punto di contatto fra tessuto cerebrale ed elettrodo come se fosse immobile e fisso solo perché al macaco è stata fissata la testa in modo che non possa muoverla, la perfusione sanguinea, l’attività delle cellule gliali, il mantenimento dell’omeostasi della parte liquida (più del 85% del cervello è acqua) e altri meccanismi biochimici molto complessi, danno certamente luogo a dislocazioni del punto di contatto elettrodo-tessuto cerebrale, anche per il solo fatto che l’elettrodo ha una consistenza più rigida rispetto la consistenza molliccia del cervello.

Allora cosa sarebbe questa rilevazione di attività elettrica sia che la scimmia mangi una nocciolina sia che la veda mangiare da un’altra scimmia?

Al momento possiamo trovare una spiegazione dalla fMRI, in quanto sembra possibile rilevare, in modo non invasivo, l’aumento o la diminuzione “dell’ attività metabolica” nell’encefalo, attraverso la risonanza magnetica funzionale, questo ha permesso di costatare che la maggior parte dei neuroni è indubbiamente polifunzionale, ovvero gli stessi neuroni si attivano per formare circuiti diversi nel momento in cui il cervello svolge funzioni e coscienza di ideazione diverse.

Questo significa che il contenuto ideativo viene reso cosciente, o meno, nel momento in cui c’è una attivazione neuronale, non significa necessariamente che ideazione e attivazione di gruppi neuronali corrispondano, ovvero che l’intangibilità della mente sia sostenuta esclusivamente da processi neuro fisiologici, chi afferma questo è ancora nel campo delle convinzioni personali e non nel capo del “scientificamente accertato”, ciò è stato reso evidente dalla misurazione dell’attività cerebrale in pazienti in stato di coma, registrazione che segnalavano la completa assenza di attività cerebrale ideativa durante il coma, confrontate con i ricordi del paziente uscito dal coma, hanno dimostrato che l’attività ideativa non cessa, semplicemente non è attività di cui il paziente è consapevole in uno stato di veglia e in grado di trasmettere tramite comunicazione verbale, il neurochirurgo Eben Alexander come paziente sperimentò egli stesso questa cosa, in quanto ebbe una encefalite virale che azzerò la sua attività cerebrale, ma poi uscito dal coma ricordò una massiccia attività ideativa avvenuta durante lo stato comatoso, in cui le registrazioni elettro-encefaliche corticali risultavano assenti.

Concludendo, l’esposizione dell’ipotesi dei neuroni specchio, assomiglia più a una sorta di riduzionismo ideologico, piuttosto che a una scoperta scientifica, a mio parere si tratta solo di riduzionismo ideologico cui hanno ricondotto con artificiosi intellettualismi tutta la questione inerente le emozioni, l’empatia e quant’altro. Per quanto riguarda la realtà che ho conosciuto mi ha fatto piacere costatare che in questa costruzione teorica a mio parere totalmente errata, non sono presenti attivamente degli psicologi, nel senso che la parte giustificatoria teorica inerente la psicologia è fatta da una docente pedagogista e non da una docente psicologa, la quale sostiene con indubbia auto-referenza, che l’interdisciplinarietà in psicologia è una ricchezza.