F-Psicoarchitettura appunti

studio a Mantova in via Solferino e San Martino n° 33 0376360278 cell 3926255541

frasi evocate da una foto 6 La follia

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trascinare in un posto sicuro il bimbo

per difenderlo dalle grida isteriche degli umani

che sembrano aver gettato il loro cucciolo

come se fosse un rifiuto, in quella buca

dove da anni sono costretto a vivere

poi la loro follia che interpreta le mie intenzioni

come se fossero uguali alle loro

e l’inesorabile condanna a morte

grazie umano, mi hai liberato

dal triste destino che mi avevi creato

strappato dalla mia casa

per mettermi in una vetrina che tu stesso mi hai creato

per poter tu stesso gioire dell’orrendo

che la tua follia produce

ma quell’orrendo è dentro di te

orrendo rimane e non lo puoi trasformare

è la tua follia maligna

fatta di grande potere sulle cose della natura

e grande meschina ottusità nel non poterle comprendere.

frasi evocate da una foto 5 La fedeltà

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La fedeltà non conosce contratto né sacramento,

non è imposta con la paura né con il tormento

ma si nutre di una fiducia mai tradita

come il neonato del latte materno

la fedeltà non è orgogliosa, non è vittoriosa, non prevale

ma accompagna teneramente la sincronia del battito di due cuori

ed è solo di questa sincronia che la fedeltà va fiera, orgogliosa e vittoriosa

la fedeltà è libera non è imposta.

 

frasi evocate da una foto 4 Il compagno

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L’amico.. il compagno, può anche essere totalmente diverso da te

ma mentre i tuoi sogni ti trasportano altrove

trova il modo di rispettare i tuoi sogni con il suo silenzio

pur trascinandoti con il suo peso

nella realtà della “forza di gravità”

e poi attende pazientemente che i sensi del tuo corpo

rilevino il peso del suo corpo

che assieme sono la realtà dell’essere vicini qui, ora come compagni inseparabili nell’anima.

 

frasi evocate da una foto 3 solitudine

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La solitudine e l’isolamento sembrano fratelli gemelli ma sono nati da madri diverse

la solitudine ha confini lontani come le montagne

la calma vicino come la sponda di un lago

il calore è dentro di se come il focolare di una casa

e l’infinito è sopra di se in un alternarsi di albe e tramonti

L’isolamento ha confini dentro di se al posto del cuore

poggia su mare tempestoso e minaccioso

al posto del focolare ha la lama pungente del dolore

e sopra di se il nulla come in una caverna scavata nella roccia

Che sia solitudine oppure isolamento dipende da come la persona è stata trattata dai suoi simili e dalla vita.

frasi evocate da una foto 2 gioia

bolle di sapone

la gioia non è una conquista materiale ma  una porta aperta nella tua mente,

non la puoi comprare ma la puoi avere con niente,

la gioia è leggera come una bolla di sapone perchè nasce dal cielo e al cielo ritorna,

la gioia non rincorre nulla ma sta comodamente seduta sulla nuda terra,

la gioia è ovunque sta a te accoglierla nel tuo cuore.

Considerazioni di base sulla psiche

301b2Oggetto di studio: la psicologia non può formulare misurazioni oggettive in quanto è per sua natura intangibile, questo non significa che non sia reale, è falso pensare che la realtà sia solo ciò che è tangibile e può essere percepito dai sensi per esempio il pensiero non è percepibile dai sensi ma non possiamo dire che non esista, se non esistesse il pensiero non ci sarebbero i progetti, le città, e via dicendo.

“Componenti” principali: possiamo descrivere i costituenti della mente come “insiemi” distinti che in alcuni punti interagiscono, ma non per questo devono essere ritenuti della stessa “natura”, i componenti principali sono: le emozioni, gli affetti, l’ideazione, gli istinti, le pulsioni, i sensi e il movimento. Pulsioni sensi e movimento hanno la necessità di un corpo per potersi estrinsecare.

Di solito la psicologia ingenua confonde:

-emozioni e affetti,

-pulsioni e emozioni,

-pulsioni e istinti

-ideazione con gli altri componenti, emozioni, istinti, affetti ecc..,

-il fatto che alcuni componenti psichici che necessitano dell’organismo siano in sé “l’oggettività” della psicologia,

– che la risposta verbale o scritta sia il contenuto mentale e non il risultato di un processo,

e molte altre semplificazioni su cui non è il caso di dilungarsi.

In conclusione il costrutto di base è da intendersi come un “movimento” incapsulato in un altro “movimento” a sua volta incapsulato in altri “movimenti” secondo un ordine infinito e intangibile, e in relazione fra loro senza uno spazio e un tempo in base alle caratteristiche distintive dei sette componenti della psiche.

Le cosi dette disfunzioni mentali, così per come sono grossolanamente concepite, per esempio ansia, depressione…, riguardano un componente psichico, es ansia: emozioni, depressione: affetti, ma la mente non è per sua natura scomponibile “in modo anatomico”, per questo motivo spesso la modalità “categoriale” che imita il modello medico, non è adeguata, è necessario avere un modello psichico non medico per poter affrontare i problemi psichici.

Il biodollaro come moneta di scambio

27 ottobre 2012

Il sistema economico con i suoi secoli di storia ha attraversato periodi storici che lo hanno caratterizzato.
L’attuale sistema economico con le sue modalità di attribuzione di valore risente sostanzialmente dal punto di vista politico del passaggio dall’autoritarismo monarchico al liberalismo borghese e dal punto di vista delle attività umane del passaggio al sistema industriale produttivo di fine ‘800.
Libertà economica e produttività sembrano essere gli imperativi su cui si sostiene l’idea prevalente di sviluppo, termine e realtà umana che caratterizza l’indagine di una disciplina scientifica nata nel diciannovesimo secolo, la psicologia.
La psicologia già al suo nascere affascina e condiziona altri campi del sapere a volte in modo pertinente a volte in modo improprio.
Il termine sviluppo e crescita ha senso qualora si studi un qualsiasi essere vivente, vegetale o animale, ma quale sarebbe il senso di questo termine nei campi dell’attribuzione di valore e convenzioni consentite o no da un sistema economico e politico-economico?
La volontà o possibilità di scelta non condiziona la biologia ma condiziona la politica e l’economia pertanto se in fisica e biologia si possono scoprire “leggi” abbastanza stabili che non derivano da volontà alcuna, in politica e in economia possiamo parlare di conseguenze derivanti da atti volitivi individuali e sociali ma non di “leggi” che regolano lo sviluppo e la crescita come se questo fosse altro e indipendente da comportamenti umani.
Se l’economia volesse davvero misurarsi e non nascondersi dietro realtà oggettive, come vuole far credere, dovrebbe stravolgere il proprio sistema attributivo rendendolo oggettivamente sempre più simile alla biologia e distanziandosi dalla psicologia la quale pone al centro la soggettività e non l’oggettività.
Quindi ogni valore dovrebbe essere trasformabile per esempio in energia, calorie, ossigeno, ovvero tutto ciò che permette lo sviluppo e la vita e non in oro come fecero in passato in USA, l’oro rappresenta la desiderabilità collettivamente condivisa, quindi aspetti illusori e determinati dalla mente umana che varia e non ha la stabilità fenomenologica del mondo fisico.
Così paradossalmente avremmo un albero che vale moltissimo perché produce ossigeno e un diamante che vale pochissimo perché non contribuisce a produrre vita.
I due sistemi attributivi potrebbero coesistere: da una parte il dollaro, con le sue implicazioni psicologiche, emotive e soggettive come misuratore di soggettività; e dall’altra il BIOLLARO con le sue implicazioni biologiche e in difesa del patrimonio ambientale e vitale come misuratore di oggettività.

Curare l’intangibilità del pensiero con la chimica?

29/04/2012

Psicofarmaci o psicoterapia?

Molte evidenze sperimentali di laboratorio dimostrano l’affinità chimica di alcune molecole verso determinati recettori neuronali, in tal senso gli psicofarmaci sarebbero in grado di modificare l’attività “elettrica” di reti neuronali che utilizzano uno specifico mediatore chimico.

Le molecole chimiche presenti negli psicofarmaci non sono identiche a quelle naturalmente presenti nell’organismo , ovvero a quelle molecole chimiche prodotte dall’organismo che fisiologicamente, svolgono funzioni neuro – trasmettitrici o neuro-modulanti.
Quindi gli psicofarmaci non possono “vicariare” esattamente le funzioni dei neuro – modulatori ma solo in modo approssimativo e in alcuni casi producono effetti paradossali.
Inoltre le molecole chimiche degli psicofarmaci non possono essere poste esattamente “dove si vorrebbe che agissero” quindi si vanno casualmente a legare con un numero di recettori in base alla loro affinità molecolare, dosaggio e al metabolismo dell’individuo pertanto non modificano in modo selettivo l’ideazione psico-patologica del soggetto, intendendo per ideazione una variabile qualitativa e la trasmissione dell’impulso nervoso una struttura su cui entrano in gioco variabili quantitative fra qui il n° di molecole di psicofarmaci introdotte in circolo.

Per esempio:
L’acido valproico (C8H16=2/ione valproato) DEPAKIN non trova nessuna sostanza nell’organismo che gli assomigli, a livello sperimentale è stato dimostrato che se assunto è in grado di bloccare le convulsioni prodotte da elettroshock, ma l’elettroshck non è un’esperienza individuale naturale, né esistente in nessuna patologia e tanto meno frequente.
In neuroni posti in coltura è stata osservato un’alterazione del numero degli ioni NA in presenza di scariche elettriche (agisce sulla pompa sodio-potassio? Permeabilità della membrana? Ricaptazione? ….) e la “scarica elettrica” siamo certi non sia una variabile interveniente che maschera il vero effetto se non siamo in presenza di scariche elettriche?

Citazione:“ è stato descritto un effetto del farmaco nel facilitare la Decarbossilasi dell’Acido glutamico (GAD, per la sintesi del GABA). Più recentemente si sono avute evidenze di un effetto inibitorio del Valproato su un trasportatore del GABA detto GAT-1(contribuirebbe all’effetto antiepilettico). A concentrazioni molto alte aumenta la conduttanza di membrana al potassio. Questi effetti hanno portato a pensare che il farmaco agisca attraverso un’azione diretta sui canali di membrana per il potassio. “
http://it.wikipedia.org/wiki/Acido_valproico

Il Depakin avrebbe un’azione diretta sui canali di membrana per il potassio, ma TUTTO il tessuto nervoso funziona con canali di membrana per il potassio ! Ora questo farmaco viene utilizzato nei DISTURBI BIPOLARI (mania alternata a depressione) che non pare abbiano molta attinenza con le convulsioni epilettiche (altro uso che si fa dello stesso farmaco) … e quali sono le evidenze scientifiche che dimostrano che i disturbi bipolari hanno una specifica causalità nella disfunzione della membrana neuronale? In particolare sui canali del potassio.

Vi sono invece evidenze scientifiche che evidenziano che la sola osservazione del comportamento di un altro soggetto attiva la stessa area neuronale (neuroni a specchio).
Con la sola relazione interpersonale si possono attivare aree cerebrali e, altra evidenza scientificamente dimostrata l’apprendimento produce delle modificazioni della rete neuronale (plasticità neuronale) pertanto possiamo scientificamente affermare che la psicoterapia con la sola relazione attiva delle risorse bio – fisiche – chimiche che appartengono al soggetto senza introdurre molecole chimiche estranee all’organismo.

Altre evidenze sperimentali dimostrano che il pensiero, e pertanto un certo tipo d’ideazione, attiva contemporaneamente più aree cerebrali sia corticali che sottocorticali non sempre negli stessi punti del cervello.
Da ciò si può dedurre che nelle ideazioni complesse, per esempio quelle ansiogene o quelle generatrici di depressione si ha l’attivazione contemporanea di reti neuronali con diversi mediatori chimici quindi un solo farmaco che si lega a un solo tipo di recettore neuronale “spegne”, a secondo del dosaggio, quasi tutto o in parte l’attività di un tipo di rete neuronale (es farmaci che agiscono sui recettori dopaminergici o come l’esempio sopracitato praticamente in modo per nulla selettivo) lasciando accese le altre reti neuronali magari quelle sottocorticali/limbiche quindi il “pensiero/attività cerebrale” che sostiene un disagio mentale non può, solo con un intervento chimico risolvere il problema in ogni caso per tentare questa risoluzione è necessaria la “rappresentazione mentale” e relativo comportamento/comunicazione di un altro soggetto disposto a confrontarsi terapeuticamente con la rappresentazione mentale patologica.

Anche nel caso si tratti di farmaci con più componenti (molecole diverse per recettori diversi) questi non hanno il potere di agire esattamente e selettivamente dove si produce un certo tipo di ideazione in quanto si legano casualmente sia a quelle reti neuronali attivate da pensieri psico – patogeni che a quelle attivate da pensieri non psicopatogeni, quindi sani e necessari all’individuo.
La psicoterapia basandosi sui contenuti dei discorsi, sulla comunicazione non verbale e sui pensieri che li sostengono ha invece la possibilità di essere molto selettiva e specifica, cosa che i farmaci non possono fare; quindi l’ intervento farmacologico non può essere uno strumento valido per intervenire sul disagio psichico in quanto il pensiero le emozioni e i sentimenti che sostengono il pensiero hanno un substrato neuronale che non può essere confuso con l’ideazione stessa, i pensieri (attività elettrica) sono come l’auto che viaggia su una autostrada che non può essere confusa con l’autostrada stessa, se per non avere più incendi boschivi per esempio in Toscana, spegniamo il sole, non avremo più incendi boschivi in nessuna parte del mondo … ma nemmeno la luce del sole!!! cioè l’ideazione, il pensiero, le emozioni i sentimenti (sedativi) oppure solo luce artificiale (antidepressivi).

La psicoterapia non riesce a far sparire subito gli “incendi” però il sole non lo spegne.

L’habit theory /appunti

19 agosto 2007

a) la persona e la sua casa

L’abitare e la struttura di personalità

Talvolta partire dal significato etimologico di un termine aiuta ad approssimarsi verso un significato complesso quanto profondo quale, il valore dello spazio privato per una persona, che è anche rappresentazione mentale di questo spazio.
Habere in latino significa stare, possedere e da questo verbo deriva habitum, che indica l’aspetto esteriore la qualità la caratteristica.
“Abito” come anche “abitare” e “abitudine” indicano tre termini indicano, è l’espressione visibile di una parte della nostra personalità.
La personalità di ognuno non è qualcosa di stabile e immutabile, può variare nel corso della vita ma questa variazione necessita di tempi e modi che il soggetto stesso sceglie, se non c’è adesione da parte del soggetto la modifica di un comportamento o di un tratto di personalità può essere percepita come egodistonica o tradursi semplicemente in una forma di compiacenza provvisoria.
Il proprio sé risiede anche nelle nostre abitudini e il nostro abitare uno spazio è uno stare “seduti” uno stabilirsi su riferimenti costanti come la nostra personalità si “stabilisce” su tratti costanti, fra l’abitare e l’espressione della personalità c’è un indubbia relazione.
Da ciò si deduce quanto i conflitti abitativi possano produrre seri problemi psicologici in quanto mettono in crisi elementi che favoriscono il costituirsi, durante il percorso di vita di ognuno, della struttura di personalità.

Il bisogno di sicurezza e la compromissione dei bisogni di base

Gli psicologi umanisti ritengono che la soddisfazione dei bisogni primari fra cui quelli fisiologici e quelli di sicurezza siano condizione necessaria e indispensabile per poter procedere alla soddisfazione dei bisogni secondari tra cui quelli affettivi e di autorealizzazione.
Da ciò si evince che la compromissione del bisogno di sicurezza blocca la soddisfazione del bisogno d’amore, stima, conoscenza ecc. cioè quelli più elevati.
Sarebbe come dire che senza cibo, letto e tetto passerebbe a chiunque la voglia di amare, lavorare, conoscere e così via.
Benchè gli psicologi umanisti non rappresentino tutte le teorie psicologiche è facile intuire che c’è del vero in ciò che dicono infatti dove esistono popolazioni di cultura nomade (in questo caso non c’è il tetto) essi si muovono in gruppi piuttosto numerosi e pertanto il bisogno di sicurezza non viene compromesso.
In una cultura individualistica come la nostra, una seppur minima minaccia e compromissione del bisogno di sicurezza viene vissuta come minaccia all’integrità psico-fisica e pertanto assume un valore elevato d’intensità soggettivamente percepita di stress.
Da ciò si deduce che le cosidette “liti condominiali” che talvolta potrebbero apparire come eccessive e paradossali hanno ragioni ben più valide di quanto, da non coinvolti, possano sembrare.

b) Ia persona e i suoi vicini di casa

Gli effetti fisiologici e psicologici della provocazione sistematica e continuativa

Ognuno ha un suo sistema percettivo-sensoriale: benchè la percezione di uno stimolo visivo, uditivo, tattile, olfattivo, gustativo sia pressochè uguale per tutti, l’attenzione, l’elaborazione, la rappresentazione, la memorizzazione di ciò varia da soggetto a soggetto.
Ognuno di noi è persistentemente immerso in una quantità infinita di stimoli, poiché il nostro sistema nervoso non li può elaborare tutti tendiamo a preferire un canale piuttosto che un altro, esempio quello uditivo o quello visivo, pertanto potremmo prestare attenzione a un numero maggiore di stimoli visivi piuttosto che uditivi, il che non significa che percepiamo solo stimoli visivi ma semplicemente che nel dare più importanza a questi utilizziamo di preferenza questo canale ma anche gli altri sistemi sensoriali sono attivi.
Se uno stimolo visivo è fastidioso, ad esempio luce intermittente, lo possiamo evitare girando semplicemente la testa, ciò è meno fattibile con gli stimoli uditivi poiché per evitare uno stimolo uditivo fastidioso, per esempio il suono di un allarme, dobbiamo evitare tutti gli stimoli uditivi,tappandoci le orecchie, fra cui magari anche il suono della sveglia che ci permette di arrivare al lavoro in orario.
Procedendo con lo stesso esempio se l’allarme suona tutte le mattine alle cinque all’apertura della saracinesca di un bar perché il proprietario del bar si dimentica di disattivarlo le cause della reazione che danno luogo a frustrazione potrebbero essere:
a)è un suono molto alto
b)è un suono che provoca allerta
c)avviene nella parte terminale delle fasi del sonno
d)non può essere evitato perché non prevedibile
e)non può essere eluso perché comporterebbe l’elusione di altri suoni che sono necessari
e l’elenco si potrebbe allungare ma poco importa perché anche una sola delle cause genera frustrazione e quindi aumento dell’aggressività che può essere repressa oppure messa in atto.

In tal caso non si tratta di provocazione in quanto il disturbo proviene da un atto o mancanza involontaria, per esempio poniamo il caso che si tratti di un barista anziano, bevitore e un po’ perso… se non abbiamo un atteggiamento di accusa la frustrazione è meno intensa, ma attenzione è proprio per dimiuire l’intensità della frustrazione che spesso siamo portati a sottostimare la volontà di un’azione disturbante.
In realtà in molta bonarietà è insito un vantaggio secondario, ci si arrabbia meno e ci si sente meglio, anche se ciò comporta una “quiescenza giustificatoria” che potrebbe condurre a vera e propria provocazione per il solo gusto di agirla, da parte del disturbatore.
In altre parole un atteggiamento di eccessiva bonarietà può trasformare un’inavvertito disturbatore in provocatore “di professione”
Senza per ora dilungarsi su alcune caratteristiche di taluni soggetti in merito a tratti di personalità oppositivi o antisociali e sui motivi di ciò, è utile comprendere come in questi casi sia importante essere “definitori” e chiari nei confronti del disturbatore onde evitare che diventi un provocatore di cui è difficile liberarsi.
L’occasionale disturbatore, e non sappiamo se è un potenziale provocatore, non dovrebbe cogliere alcun soggettivismo nelle vostre rimostranze, non deve pensare di esservi in qualche modo antipatico, anche se ciò sarebbe una legittima conseguenza del suo comportamento, la sospensione del giudizio nei suoi confronti è d’obbligo.
La rimostranza dovrebbe avere carattere di oggettività e neutralità, e nelle fasi iniziali non dovrebbero essereci intermediari; la gestione di questi momenti è molto importante in quanto ha il potere di risolvere sul nascere il conflitto.
Se il disturbatore diventa un provocatore, inizia a mettere in atto una strategia più o meno premeditata, diciamo che un po’ stressa perché se ne dimentica e un po’ perché lo fa appositamente.
Dopo un po’ di tempo si può parlare di vera e propria provocazione continua e sistematica, le caratteristiche di questo tipo di provocazione sono:
a – le provocazioni sono mirate alle caratteristiche della vittima ovvero se ad esempio è una persona con prevalente utilizzo del canale uditivo le azioni di disturbo saranno in prevalenza rumori, oppure se è una persona che ama l’ordine e la pulizia vi saranno spesso “casuali” macchie di ogni genere per le scale, se il soggetto tende ad addormentarsi presto la sera la televisione ad altissimo volume fino notte inoltrata del vicino provocatore diventerà una consuetudine ecc
b – la maggior parte imprevvedibili
c – possibilmente inevitabili
d – protratte nel tempo
e – continuative
Il provocatore nell’attuare questa strategia si sente piacevolmente invincibile e inpunibile, è come se godesse di una rivincita sulle figure genitoriali o educative, di solito questo tipo di persone non hanno avuto l’abilità di comprendere il senso e il significato dei limiti educativi; inoltre il bisogno di autoaffermazione/onnipotenza infantile è prevalso sullo sviluppo della posizione di fiducia inibendo la capacità del soggetto di riconoscere l’altro come differente, con cui relazionarsi sulla base di modalità condivise.
La vittima nel fare esperienza di persecuzione inizia ad assumere atteggiamenti ostili generalizzati prima sulle figure affettivamente più vicine poi sempre di più su tutti.
L’imprevvedibilità delle azioni disturbanti eleva l’attivazione psico-fisiologica in uno stato di allerta persistente simile a quella di un militare americano nel Vietnam dove l’imprevvedibilità era una vera e propria tattica militare, un po’ meno intensa , se non vi sono state minacce, in quanto non è presente il timore di perdere la vita.
L’inevitabilità genera spesso un’intensificarsi della frustrazione e la conseguente e più diffusa reazione di repressione dell’aggressività può produrre sintomi psicosomatici fino ad arrivare a un sempre più profondo senso di inefficenza e incapacità date dal fatto che le azioni di disturbo diventano continuative e protratte nel tempo, ottime fondamenta per una sindrome depressiva grave.

Un soggetto con disturbo di personalità sadico-ossessivo e la sua capacità di destabilizzare qualsiasi sistema

Alcuni colleghi mi perdoneranno questo abbinamento in un unico disturbo di personalità di due disturbi di personalità di cui uno, quello sadico, non in elenco nel famosissimo Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali.
Infatti è dagli anni novanta che il disturbo sadico, di personalità viene dai professionisti del “psiche” praticamente ignorato, per esempio il disturbo masochista lo si può trovare un po’ nel “disturbo dipendente di personalità” ma il sadico pare sia proprio scomparso dalla manualistica, per quale ragione?
Forse che il sadismo rientra nella normalità? O forse che vi è un sadismo sublimato fra gli psichiatri e poiché loro stessi hanno codificato questi disturbi non potevano certo mettersi fra i disturbati.
In ogni caso a mio parere il sadismo è un disturbo di personalità che inizialmente può essere percepito non come egodistonico, ma anche il “maniacale” sostiene di sentirsi benissimo, se proprio non lo si vuole inserire nei disturbi di personalità potremmo almeno parlare di sadismo patologico come si parla di gioco d’azzardo patologico.
Poiché non è questo lo spazio adatto per disquisire sulle categorie diagnostiche datemi per buona questa categoria di “disturbo sadico-ossessivo” ben approfondita dalla scuola analitica ora pare gettata “assieme all’acqua sporca”.
Il sadico-ossessivo si trova sempre quando si studiano situazioni di mobbing, il sadico trova immenso a piacere nel distruggere qualcosa di valore per una persona indipendentemente che questa persona sia o no affettivamente significativa per il sadico, il piacere principale è nel creare dolore a qualcuno; il sadico-ossessivo ha un doppio piacere quello del dolore inferto e quello della posticipazione in crescendo del proprio piacere, cioè crea tanti piccoli dolori alla vittima prescelta ma si sente ancora più potente nel controllare questo proprio piacere al fine di averne uno finale molto intenso ovvero la distruzione definitiva della vittima ad opera della vittima stessa, è quasi come un “coito” tutto mentale fantasticato come delirio d’onnipotenza che sfugge completamente al controllo del super-io poiché la vittima viene portata al punto di dover decidere se continuare a soffrire oppure suicidarsi, l’azione finale è della vittima e per il sadico-ossessivo non sarà difficile autoingannarsi riguardo la propria innocenza dal momento che anche per il contesto ciò è di difficile valutazione come per l’appunto nel mobbing.

Infatti il mobber, cioè colui che agisce il mobbing, utilizza una strategia fatta di piccole azioni che prese isolatamente sembrano innoque, in un condominio il mobber sceglierà una o più vittime e agendo in modo sistematico e continuativo le porterà all’esasperazione, ovviamente le vittime scelte non avranno alcun rapporto fra di loro e visto dai non coinvolti il mobber sembrerà al massimo un po’ strano ma decisamente innocuo; infatti il mobber di solito si atteggia a sempliciotto un po’ distratto, sa depistare chiunque con molta facilità e al massimo dopo molti anni, se messo alle strette simula qualche dissociazione e all’eventuale giudice non resta che affermare l’incapacità d’intendere e volere al momento del fatto, poi il sadico-ossessivo continua con la sua preferita attività far soffrire qualcuno senza che nessuno se ne accorga.
A mio parere di tali personalità patologiche se ne trovano in numero sempre maggiore, sanno mimetizzarsi molto bene ma basta prestare attenzione al contesto in cui vivono per rendersi conto dell’eccessiva tensione che caratterizza quel contesto, cioè possiamo più facilmente riconoscere un ambiente in cui opera un sadico ossessivo piuttosto che il sadico ossessivo stesso.
Le persone che vivono in una situazione in cui opera un sadico ossessivo è come se vivessero un po’ sospese, ostentano un’esagerata calma e si atteggiano come se mai fosse andato così bene, le conversazioni di carattere critico sono praticamente inesistenti ma soprattutto si nota una quasi totale assenza di humor.
Infatti potremmo definire il sadico ossessivo una specie di leader occulto, autoritario e pertanto così infantile da essere incapace esso stesso di humor ma anche molto abile nell’inibirlo nell’altro, infatti potremmo ritenere che l’humor è per il sadico ossessivo un “nemico” temibile in quanto svela ciò che è mascherato.
Carla Foletto
Pubblicato su http//it.wikiversity.org il 19/08/2007