F-Psicoarchitettura appunti

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Le bugie sugli psicofarmaci:gli psicofarmaci che bloccano la ricaptazione dei neuro trasmettitori necessitano di aumento del dosaggio producendo squilibri nella modulazione sinaptica.

foreclosure-falsityPremesso che (citazione): “Le sinapsine sono proteine delle membrane periferiche legate alla superficie citoplasmatica delle vescicole sinaptiche queste proteine si legano anche all’adenosintrifosfato (ATP) e all’actina. Le sinapsine sono substrati sia della protein-chinasi A che della protein-chinasi I Ca2+/calmodulino dipendente. Quando la terminazione nervosa è depolarizata e vi entrano Ca2+, le sinapsine vengono fosforilate dalla chinasi e vengono quindi rilasciate dalle vescicole; si ritiene che questo passaggio mobilizzi il magazzino di riserva delle vescicole disponibili per la liberazione del neuro trasmettitore. In realtà la delezione genetica delle sinapsine o l’applicazione degli anticorpi per la sinapsina stessa, determina una riduzione delle vescicole sinaptiche presenti nelle terminazioni nervose, e una diminuzione della capacità delle terminazioni di mantenere un elevato ritmi di liberazione di neurotrasmettitore nel corso di una stimolazione ripetitiva” (Kandel ed altri)

In altre parole, la modulazione della liberazione dei neurotrasmettitori è alla base della “plasticità sinaptica”: dipende dall’arrivo di segnali sinaptici di altri neuroni (che possono anche non avere meccanismi sinaptici chimici ma elettro-magnetici, es fotorecettori e neuroni bipolari della retina) e dipende anche da una elevata frequenza di stimolazione del neurone presinaptico, ovvero eccitazione prolungata (o stimolazione tetanica) ovvero potenziamento sinaptico che può arrivare a durare anche un ora o più, la risposta a periodi lunghi di stimolazione a frequenza elevata (potenziamento) da luogo a un depotenziamento ovvero a una depressione sinaptica.

Se in modo artificioso (psicofarmaci) viene bloccata la ricaptazione di una neurotrasmettitore, abbiamo come effetto un potenziamento della sinapsi(indipendente dai segnali elettrici di altri neuroni collegati, e dal tempo/potenziamento specifico per quella cellula) , cui dovrebbe seguire fisiologicamente un depotenziamento che però non avviene se in circolo abbiamo in continuazione lo psicofarmaco “x”, questo è ciò che fanno per esempio: i SSRI detti antidepressivi (1), per quanto li si voglia far passare come selettivi, nel bloccare uno o l’altro recettore, in virtù della fisiologica modulazione sinaptica, produrranno un potenziamento sinaptico, a cui seguirà inevitabilmente una depressione sinaptica forte con la metabolizzazione dello psicofarmaco o potenziamento continuativo, senza fine, con rimessa in circolo dello psicofarmaco, ovvero nuova assunzione dello psicofarmaco; e certamente questo potenziamento/depotenziamento sinaptico sarà altalenante in modo dipendente dalla presenza dello psicofarmaco quindi alieno e asincrono dai messaggi elettrici del circuito neuronale cui appartiene. In ogni caso l’aumento del dosaggio dello psicofarmaco, per bilanciare la depressione sinaptica conseguente, non potrà che alterare ulteriormente gli equilibri modulatori della plasticità sinaptica.

 Concludendo, il modo con cui vengono presentati gli psicofarmaci:

  • “riequilibrerebbero squilibri chimici nel cervello”
  • “gli squilibri chimici cerebrali sono geneticamente ereditati” ecc.

Non solo non sono scientificamente dimostrati, da valide e disinteressate ricerche farmacologiche, ma vantano effetti e meccanismi d’azione che sono in realtà il contrario di quelli reali.

(1) la serotonina tramite fosforilazione di AMPc dipendente sembra determinare la chiusura dei canali K+ nella terminazione presinaptica. Questo prolungherebbe l’apertura dei canali Ca2+ dipendenti con liberazione artificiosa del neurotrasmettitore presente nelle vescicole presinaptiche.

Gli psicofarmaci producono squilibri psico-elettro-biologici? Si è facilmente intuibile.

safe_image.phpPer avere un potenziale post sinaptico (liberazione di neurotrasmettitore) è necessario un potenziale di azione presinaptico di minimo 40mV, dopo di che aumenta in modo logaritmico fino a 10 volte in più, il potenziale presinaptico se entro i 70mV, quindi è il “range” che conta: 40-70mV e non l’intensità dello stimolo né la quantità di neurotrasmettitore; lo stimolo nervoso si propaga o non si propaga se si avvicina alla soglia e una volta superata la soglia: 40mV si ottimizza fra 40-70mV a prescindere dall’entrata o uscita di ioni, questo significa che non può essere considerato un “meccanismo su base quantitativa” più/meno, ma su base qualitativa, ovvero quali ioni e dove gli ioni calcio hanno un ruolo più importante considerando che i canali ionici per il Ca sono diffusi, sulla membrana in modo difforme, particolarmente concentrati a livello sinaptico.

Il meccanismo di rilascio del neurotrasmettitore è più o meno questo: le vescicole presinaptiche contenenti il neuro trasmettitore si fondono alla membrana rilasciando il neurotrasmettitore quando cinque Ca2+ (che sono entrati nella cellula attivata dalla propagazione del potenziale d’azione del neurone) sono legati alla proteina sensibile al Ca, posta sulla vescicola presinaptica dando luogo a: esocitosi (rilasciamento del neurotrasmettitore) che avviene quando l’elettro-conduttanza neuronale favorisce il legame del Ca2+ con il sito vescicolare.

Questo significa che per avere il neurotrasmettitore nello spazio inter sinaptico (funzione di alcuni psicofarmaci) è necessario un dinamismo ionico (fra cui Ca2+) a livello della membrana della cellula, e non che è necessario aggiungere neurotrasmettitore la dove manca (psicofarmaci), questo dinamismo ionico è regolato da sofisticati feedback inter neuronali, anche se le teorie probabilistiche sono al momento più accreditate (in termini di probabiltà di liberare un quanto di neurotrasmettitore) rispetto a teorie di modulazione elettrochimica con funzionamento proprio.

In ogni caso possiamo intuitivamente dedurre, che tali meccanismi elettro-conduttivi, vengano alterati con l’uso anche temporaneo di sostanze psicoattive, cioè alterando “la quantità” a livello sinaptico con pseudo-neurotrasmettitore (psicofarmaco’).

In particolare, sono squilibranti, i pseudo neurotrasmettitori di sintesi (psicofarmaci) in quanto contengono solo una “determinato principio attivo” e non i suoi antagonisti come invece accade più spesso nelle sostanze psicoattive di origine naturale- vegetale, le quali contengono entrambi i composti chimici (favorenti e antagonisti), motivo per cui gli effetti sono più blandi.

Inoltre ciò che viene rilasciato a livello sinaptico (  presente al momento della trasmissione dello stimolo, quindi anche pseudo-neurotrasmettitori) viene successivamente ricaptato, (endocitosi) e il neurotrasmettitore (o pseudo-neurotrasmettitore o psicofarmaco) può essere in parte reso di nuovo disponibile e in parte trasportato dall’assone verso il corpo cellulare, questo significa che anche lo psicofarmaco in circolo può essere “ricaptato” dal neurone, ed essere trasportato fino al corpo cellulare, quindi il neurone si trova al suo interno una sostanza “non self” non auto-prodotta, e questo potrebbe condurre a un “riconoscimento cellulare” da parte del sistema immunitario che conduce all’eliminazione della cellula riconosciuta come anomala.

Pertanto non dovrebbe stupire se persone trattate anche per soli 3 mesi con benzodiazepine vanno più facilmente incontro a Alzheimer http://www.bmj.com/content/349/bmj.g5205, ovvero a una diminuzione di massa cerebrale.

Concludendo: è più probabile che gli psicofarmaci producano squilibri elettro-biochimici e biologici piuttosto che li ristabiliscano in quanto sono molecole affini ma non identiche che vengono assorbite dalla cellula e possono arrivare al corpo cellulare dove interagiscono complessi meccanismi cellulari anche di tipo genetico.

Gli psicofarmaci danno ingestibili problemi di dosaggio, semplicemente perché alterano sofisticati meccanismi a feedback di elettro-conduzione (fisici) e non curano di ipotetici equilibri chimici nel cervello.

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A questo proposito va evidenziato che: circuiti attivati direttamente dal neurotrasmettitore (o psico-farmaco) o da un’azione indiretta del neurotrasmettitore (o psico-farmaco): quando attiva o inibisce uno dei diversi tipi di proteina G (vedi post precedente) , il canale ionico attivato non è unico ma ci sono almeno due tipi di canali ionici attivati da questo meccanismo uno GIRK (canale K+ a rettificazione entrante aperto da proteina G), e l’altro  il canale CA2+ voltaggio dipendente.

Ma per esempio nel caso dei canali GIRK attivati da neurotrasmettitori essi assicurano una frequenza di scarica dei neuroni eccitabili, piuttosto che una modulazione o on/off dell’elettro-conduzione dello stimolo neuronale.

I canali GIRK sono presenti in una grande varietà di neuroni e sono regolati da un gran numero di neurotrasmettitori e neuropeptidi che agiscono, direttamente o indirettamente, su diversi recettori accoppiati a proteine G , e diversi recettori accoppiati a proteine G possono inibire i canali Ca2+ e arrivare a sopprimere la liberazione dei neurotrasmettitori (inibizione presinaptica), ma se un neurotrasmettitore (o psico-farmaco) viene introdotto dall’esterno, questo sofisticato meccanismo di feedback come può avvenire?

Semplice non avviene, quelli che vengono chiamati “ininfluenti effetti collaterali” sono più propriamente interferenza all’attività riequilibrante di disponibilità o meno di neurotrasmettitore a livello sinaptico, a secondo delle “informazioni” propagate dai neuroni circostanti vicini e distanti.

Come è possibile sostenere che il disagio psichico è prodotto da squilibri chimici nel cervello se la cura stessa produce questi squilibri chimici?

Si tratta della solita “profezia” che si “auto-avvera”, o meglio: che si “autodetermina con la cura”?

Inoltre ogni neurotrasmettitore può produrre effetti a breve o a lungo termine, anche per diversi giorni, con attività sinaptiche che possono protrarsi nel tempo con conseguenti variazioni di eccitabilità o meno dei neuroni, questo significa che l’azione di uno psico-farmaco (o sostituto di un neuro trasmettitore) è svincolata dal dosaggio in quanto il tempo d’azione è dato dal meccanismo che produce sui neuroni, e non dal dosaggio, pertanto: meccanismo non prevedibile.

Da questo si deduce che gli psico-farmaci non sono per nulla maneggevoli.

Questo si evidenzia per esempio in ambito geriatrico (ma anche in ambito pediatrico) dove inaspettatamente gli anziani vanno incontro a effetti e sedazioni molto forti a prescindere dal dosaggio o sospensione (sospendono quando è evidente che la sedazione è molto alta), i meccanismi di feedback dei neuroni vanno incontro ad alterazioni e squilibri, prodotti dalla presenza di sostanze psicoattive esogene simili a quelle prodotte dall’organismo che non sono gestibili modificando il dosaggio del farmaco, né modificando il tipo di farmaco.

Ancora una volta tutta questa “perizia” sul dosaggio degli psicofarmaci, appare più come una ostentazione paradossale: poter controllare, un effetto sull’organismo attraverso il “dosaggio – interazione” degli psicofarmaci, che non è controllabile.

Questo può essere fatto con gli antibiotici perché è possibile costatare, in vitro, la sensibilità del microrganismo alla sostanza chimica, ma lo stesso concetto non può essere applicato agli psicofarmaci.

Perché non è possibile che esistano: psicofarmaci “terapeuticamente selettivi”

UnknownAlcuni potrebbero obiettare che non tutti gli psicofarmaci agiscono sui: GABA, che si sa è presente ovunque nel S.N.C., e che sarebbero stati studiati, prodotti e commercializzati, alcuni psicofarmaci che hanno un effetto altamente selettivo: combinandosi contemporaneamente su due recettori chimici creando un effetto “stereo” altamente specifico; già, ma allora questi miracolosi psicofarmaci, come controllerebbero: agendo solo in stereo, tutte le altre dinamiche bio fisiche e bio chimiche, del neurone, che concorrono a modularne l’attività elettrica? e non solo l’attività elettrica?

Per esempio esistono dei messaggeri transcellulari molto importanti per la regolazione delle funzioni presinaptiche, come (ma ve ne sono altri) l’ossido nitrico è un secondo messaggero che stimola la sintesi del GMP ciclico(per es: apre dei canali molto importanti: nella “foto trasduzione” , nelle “sensazioni olfattive”, a livello cerebellare-“cellule di Purkinje”) , inoltre l’ossido nitrico, non è presente soltanto nei neuroni , è presente anche per esempio: nelle cellule endoteliali dei vasi sanguinei che lo liberano, producendo: rilasciamento della muscolatura liscia, l’ossido nitrico attraversa le membrane cellulari influenzando le cellule vicine senza agire su nessun recettore di superficie, quindi la risposta cellulare non dipende dalla sola attivazione specifica e selettiva dei neurotrasmettitori (o psicofarmaci) anche se combinata, ma concorrono diversi e complessi fenomeni cellulari, relativi al circuito neuronale e associati anche ad altri apparati.

Il legame con un neurotrasmettitore aumenta sempre l’apertura dei canali recettori ionotropici, che sono su una cellula neuronale che ha anche recettori metabotropici, i quali invece possono aumentare o diminuire l’apertura dei canali, per esempio la fosforilazione MAO-chinasi di un canale K+a inattivante, nei dendriti dei neuroni piramidali dell’ippocampo, riduce la corrente K+ aumentanto la scarica dendritica di potenziali d’azione.

Inoltre non sempre le vie di secondo messaggero attivate da recettori accoppiati a proteine G seguono la stessa logica molecolare, negli esperimeti patch clamp si dimostra che le proteine G non determinano direttamente la produzione di alcun secondo messaggero diffusibile (Soejima e Noma 1984) ma lo possono fare indirettamente tramite la liberazione di sub unità beta gamma le quali aprono i canali K+.

Concludendo: il funzionamento del S.N.C. è basato su fenomeni talmente sofisticati che l’interferenza di una sostanza chimica come uno psicofarmaco non può essere “terapeuticamente selettiva” in quanto concorrono diverse dinamiche, non solo macro chimiche (psicofarmaci) ma anche, micro molecolari, fisiche (elettroniche), micro genetiche e non è escluso, per il solo fatto che non ne siamo a conoscenza: importanti dinamiche sub atomiche.quark

Ancora una volta non possiamo che dedurre che anche la presunta “selettività” degli psicofarmaci appartenga alla “strategia di marketing” sugli psicofarmaci, come anche le loro categorie: ansiolitico, anti-psicotico, anti-depresivo…,  piuttosto che a qualcosa di credibilmente scientifico.

Ansiolitico-antidepressivo, categorie commerciali che non evidenziano i veri effetti degli psicofarmaci.

Tutti voi possono fare un semplice esperimento, assumendo alcolici, gli alcolici agiscono sui recettori GABA, gli stessi su cui agiscono le benzodiazepine: cui, i medici, attribuiscono un effetto ansiolitico, ovvero ridurrebbero l’ansia, in altri termini eliminerebbero l’emozione della paura.

Quindi assumendo alcolici dovremmo notare su noi stessi la scomparsa di questa emozione negativa: la paura, ma non è così, abbiamo effetti sia eccitatori che inibitori su funzioni molto differenti fra loro: umore, ideazione, pulsione, relazione interpersonale ed emozioni.

Inizialmente l’effetto psicoattivo dell’alcool produce effetti sull’umore e non sulle emozioni negative, la maggior parte delle persone possono costatare euforia, ma in un alcuni casi può produrre malinconia, e già qui si evidenzia che l’effetto può essere soggettivo e la stessa sostanza chimica può produrre effetti sull’umore sia in senso positivo che negativo.

Aumentando il dosaggio l’effetto psicoattivo dell’alcol sembra produrre effetti ideativo-cognitivi, una persona può avere una visione ottimistica di sé, in alcune persone aumenta la propensione a parlare di più in altre a parlare di meno, questo è l’effetto ricercato da alcuni artisti per migliorare le loro performance.

Aumentando ancora il dosaggio l’effetto sembra esserci a livello delle pulsioni, alcuni possono diventare aggressivi, ha in un certo senso un effetto disinibente (quindi in questo caso attivante e non inibente come sostengono i medici ovvero che le sostanze che agiscono sul GABA abbiano azione inibente sul snc) a livello pulsionale, si può scambiare l’aumento dell’aggressività per aumento di coraggio quindi minore paura, ma non è così non è un effetto sulle emozioni ma sulle pulsioni.

In alcune persone l’alcool può favorire l’emozione della rabbia, o altre emozioni, quindi un interferenza sui recettori GABA può avere delle risposte emotive differenti a secondo dei soggetti.

Aumentando ancora il dosaggio si ha sedazione del dolore fisico, rilassamento muscolare, difficoltà nella coordinazione motoria, la prima a vedersi riguarda la produzione di linguaggio anche perché il linguaggio necessita di movimenti fini dell’apparato vocale fino ad avere un vero e proprio effetto ipnotico, che è quello che si osserva anche nei cosi detti ansiolitici, i quali favoriscono l’addormentamento.

L’uso cronico di alcol porta alla sindrome di Korsakov, ovvero demenza, come è stato accertato anche per le benzodiazepine: https://carlafoletto.wordpress.com/2015/01/19/le-benzodiazepine-causano-demenza/.

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Concludendo l’azione chimica degli psicofarmaci non solo non può essere selettiva ma produce effetti che con sostanze naturali come l’alcol si avrebbero solo con un’intossicazione acuta, come per esempio la sedazione e l’effetto ipnotico.

Gli effetti di sostanze chimiche a livello del cervello coinvolgono una vasta area di funzioni psichiche che riguardano l’umore, l’ideazione, la pulsione e il sonno (funzione vitale), e non è possibile attribuire uno specifico effetto es: ansiolitico, antidepressivo, in quanto i recettori e i neurotrasmettitori su cui agiscono gli psicofarmaci, sono distribuiti su circuiti neuronali differenti che sostengono funzioni cerebrali differenti, è evidente l’intento commerciare nel definire un farmaco ansiolitico piuttosto che antidepressivo, modalità che tra l’altro crea un aspettativa e pertanto può funzionare da “placebo” a prescindere dall’effetto reale del farmaco. https://carlafoletto.wordpress.com/2015/01/18/la-soggettivita-prevale-sulla-chimica-del-cervello-ebbene-si-il-crollo-di-un-mito/

I cosi detti ansiolitici e antidepressivi in realtà sono dei sedativi o degli eccitanti, non hanno alcuna azione selettiva, producono un effetto sul cervello come lo produrrebbe una qualsiasi sostanza psicoattiva (droghe comprese) ma non possono curare nulla in quanto i processi che sono alla base delle funzioni cerebrali sono processi prevalentemente di tipo bio-fisico (circuiti neuronali su cui vi sono potenziali di azione o meno) e non processi biochimici (per esempio quelli indotti da psicofarmaci).

Gli psicofarmaci riducono l’aspettativa di vita?

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Secondo uno studio pubblicato sul Bmj, dall’autore Stephen Kisely, epidemiologo e docente universitario presso Western Australia e Dalhousie University in Canada, studio svolto tra il 1985 e il 2005:

«Il tasso di mortalità:  “più elevato associato alle malattie mentali” è stato ben documentato focalizzandosi sull’elevato rischio di suicidio, anche se l’80% della mortalità dipende da disturbi fisici, come le malattie cardiovascolari e respiratorie»

Inoltre l’aspettativa di vita nei pazienti psichiatrici “è minore di circa 15 anni rispetto la popolazione e più precisamente mostra un divario non trascurabile tra le persone sane e malati psichiatrici: “dei pochi studi svolti, alcuni riportano una differenza di 14 anni per i maschi e sei per le femmine, e altri di 20 anni per gli uomini e 15 per le donne.”

Ma ciò che colpisce davvero è l’aspettativa di vita dei pz psichiatrici rispetto ai soggetti sani: quando avviene il contatto con i servizi psichiatrici e cioè anziché ridursi, la mortalità aumenta da 13,5 a 15,9 anni per i maschi e da 10,4 a 12 anni per le femmine.

Inoltre, l’80% delle morti in eccesso tra i pazienti psichiatrici, dipendono da malattie fisiche, tra cui quelle cardiovascolari (30 per cento verso un 20% della popolazione) e il cancro (13,5 per cento verso un 12% circa della popolazione).

Infine il suicidio, responsabile del 14% dell’eccesso di mortalità, e questo farebbe venire non pochi dubbi sulla reale efficacia terapeutica degli anti depressivi (Irving Kirsch)

Inoltre non è da trascurare che è stata osservata una relazione fra uso di psicofarmaci tipo antidepressivi triciclici, SSRI, aloperidolo, chetiapina, tioridazina, droperidolo (i cui dosaggi nei pz psichiatrici sono spesso molto alti e prolungati) e sindrome del QT lungo (che può dare aritmia fino ad arresto cardiaco) e pertanto non stupisce che nei pz psichiatrici vi sia un aumento del 10% rispetto la popolazione, di mortalità dovuta a problemi cardiocircolatori.

Potrebbe esserci anche una relazione fra aumento dell’incidenza di forme tumorali nei pazienti psichiatrici e l’assunzione di un antipsicotico come la clozapina in quanto essendo mielosoppressivo, ovvero in relazione a una diminuizione dell’efficienza del sistema immunitario, ed essendo l’insorgenza dei tumori in relazione a una scarsa efficienza del sistema immunitario, l’associazione causale è facilmente intuibile.

Concludendo: poiché il sistema nervoso con tutta probabilità modula non solo l’attività psichica (pensiero) ma anche le funzioni organiche vitali, non vitali (es: battito cardiaco, respiro, sudorazione) e le risposte immunitarie (correlazione fra stress e diminuizione dell’efficienza immunitaria), l’uso di psicofarmaci, specie se massiccio e prolungato, certamente interferisce anche sul funzionamento dell’organismo riducendo l’aspettativa di vita.

Il cervello come una foto satellitare, Non è vero che gli psicofarmaci agiscono in modo selettivo sul cervello per esempio sostanze diverse si legano allo stesso recettore GABA, producendo effetti diversi.

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Ora prendiamo ad esempio il recettore GABA (quello su cui legano anche le benzodiazepine); in presenza di determinate condizioni il recettore GABA considerato da tutti come avente attività inibitoria sul snc, è invece in grado di determinare un eccitamento delle cellule nervose, “tramite un abbondante ingresso di cl- a livello intracellulare, da cui ne consegue che il potenziale di equilibrio dei cl- assume valori più positivi del potenziale di riposo” (Kandel 13), in definitiva lo stesso recettore può essere sia inibitorio (nel GABA più frequente) che eccitatorio (nel GABA più raro).

Inoltre i recettori GABA si legano con parecchi tipi di farmaci e sostanze psicoattive per esempio anestetici generali (gassosi o iniettabili) benzodiazepine, ipnotici, barbiturici, alcol, producendo effetti diversi che vanno dalla perdita di coscienza (anestetici) alla “presumibile”diminuizione di ansia in realtà è solo sedazione (benzodiazepine) all’induzione di sonno (zolpidem e barbiturici); tutti aumentano la frequenza di apertura del canale recettore GABA, ma producono effetti diversi, qualcuno parla di particolari sottotipi di subunità, per esempio lo Zolpidem si legherebbe a GABA A, le benzodiazepine ai GABA alfa, ma anche le “mutazioni non senso” che per esempio determinano una troncatura delle subunità alfa e gamma del recettore GABA A causano certe forme di epilessia congenita, forse si predispone con l’uso continuato di Zolpidem e benzodiazepine una malattia genetica (o qualcosa di simile) che prima non c’era?

Concludendo la principale attività del sistema nervoso è quella di integrare i messaggi (potenziali d’azione) fra le diverse alternative possibili, infatti un neurone, avendo su di sé in contemporanea migliaia di stimolazioni inibitorie ed eccitatorie, deve “decidere” se inviare o non inviare il “messaggio elettrico” la concentrazione dei neurotrasmettitori (quindi gli psicofarmaci) determina solo una inibizione o attivazione ma in modo causale, che interferisce nell’integrazione dei segnali e se interferisce in modo massiccio (alti dosaggi quindi intossicazione neuronale) inibisce interi sistemi anche quelli sani e vitali, questo non è un effetto terapeutico.

Per rendere l’idea con una metafora, il cervello è come un’ enorme rete stradale vista dall’alto di notte, si vedono scorrere segnali luminosi (i fari delle auto/potenziali d’azione) ma in realtà i segnali luminosi sono elementi complessi a livello sub atomico (motore dell’auto, carrozzeria, guidatore) e solo se giungono a destinazione producono “l’idea: sono arrivato a Roma, sono arrivato a Parigi” come noi abbiamo “consapevolezza” di: questo è rosso, quello è movimento, sento un do piuttosto che un mi… I neurotrasmettitori sono il carburante, “come stazioni per l’erogazione di carburante”, non dicono dove devono andare le auto, si mette solo la benzina per farle arrivare dove devono arrivare, gli psicofarmaci sono sostanze o come l’acqua, l’auto non parte più e il segnale si spegne (bloccano i recettori e inibiscono il potenziale d’azione es antipsicotici o ansiolitici ma anche l’alcol) o come la benzina super con 100 volte gli ottani che dovrebbe avere, (attivano i recettori es antidepressivi ma anche l’anfetamina per esempio) all’inizio fa andare l’auto più veloce ma poi si fonde il motore e comunque non hanno il potere di modificare il percorso del segnale, ovvero dove va l’auto. Ma quello che più importa sono gli incroci, che permettono ad alcune auto di passare e ad altre no, o di trasformare una zona in “zona a traffico limitato” e un’altra in superstrada (integrazione dei segnali).

Gli psicofarmaci modificano la genetica neuronale

L’uso prolungato di psicofarmaci è in grado di modificare l’espressione genetica del circuito neuronale su cui sono situati i recettori affini allo psicofarmaco (plasticità neuronale), ma questa è terapia o gioco di compiacenze?

fonte dati (immagini) scientifici: http://xfiles.farmacia.uniba.it/farmol/didattica_web/64/argomenti/Antidepressivi.pdf

La variazione innaturale, (somministrazione di psicofarmaci), a valle (sinapsi) delle concentrazioni di neurotrasmettitori da luogo a delle modificazioni a monte (corpo cellulare) di tipo genetico, questo avviene con il trasporto assonale prima e poi a livello del corpo cellulare tramite la “regolazione dei meccanismi di trasduzione a livello citoplasmatico” psico modificagenetica

possiamo fare un esempio con gli effetti degli antidepressivi dopo somministrazione cronica

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ma non solo abbiamo una modificazione a livello dell’espressione genetica della cellula neuronale, ma abbiamo anche una modificazione: a livello di tutti i circuiti neuronali in cui i recettori sono affini al tal psicofarmaco

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questo è semplicemente un adattamento biologico del cervello alla presenza (introdotta dall’esterno) continuativa di una sostanza simile a quelle che produce esso stesso.

Ciò  da luogo, nel soggetto che assume psicofarmaci,  a un ovvia percezione di cambiamento, ora semplicemente il prescrittore/medico, dello psicofarmaco deve far in modo che il soggetto in cura attribuisca un giudizio positivo al cambiamento percepito.

Questo può accadere facilmente all’interno di un rapporto di fiducia (compliance) ma se volessimo essere obbiettivi sugli effetti terapeutici dello psicofarmaco dovremmo chiedere un parere alle persone che sono in relazione con il soggetto e non al soggetto stesso che per “dissonanza cognitiva” non può che attribuire un effetto terapeutico all’uso cronico di psicofarmaci.

Perché in sostanza gli psicofarmaci producono segnali bio-chimici confusivi dando luogo a sospensione delle funzioni neuronali (apparente benessere) e non curando ipotetici squilibri bio-chimici

Premesso che i più autorevoli neuroscienziati (S.A. Sigelbaum-E.R. Kandel-R.Yuste) affermano questo:

  • Le cellule del sistema nervoso centrale ricevono connessioni sinaptiche da migliaia di neuroni e sono mediate da una vasta gamma di neurotrasmettitori
  • ciascun neuro trasmettitore può modificare l’attività di diversi tipi di recettori, che comprendono sia i recettori ionotropici (aprono direttamente il canale ionico) che quelli metabotropici (regolano l’attività di un canale attivando sistemi di secondo messaggio)
  • L’effetto determinato da un potenziale sinaptico eccitatorio o inibitorio, non dipende dal tipo di neurotrasmettitore liberato dal neurone presinaptico, ma dal tipo di canale ionico che viene aperto dal neurotrasmettitore nella cellula postsinaptica.

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Mentre le aziende produttrici di psicofarmaci affermano di avere evidenze scientifiche sulla selettività dei loro prodotti, ovvero che la tale molecola andrebbe ad aprire o chiudere lo specifico canale che causa lo specifico disagio psichico.

Appare evidente che questo non può essere; le aziende produttrici di psicofarmaci affermano cose non scientifiche per un loro proprio interesse infatti: le neuroscienze dimostrano invece che la tale molecola può avere “funzioni” diverse e che l’attività cerebrale ha luogo in base all’attivazione o meno di determinati circuiti e non in base alla concentrazione o meno di determinati neurotrasmettitori, buttati a casaccio nel torrente sanguigno, le cui molecole chimiche proposte dalle aziende farmaceutiche (psicofarmaci) assomigliano e si legano a caso ai diversi recettori sinaptici presenti in tutto il sistema nervoso centrale.

Ne consegue che gli psicofarmaci possono avere solo un effetto indistinto su tutte le funzioni neuro-cerebrali, anche sulle funzioni sane e necessarie come quelle neuro vegetative (sistema cardiaco, respiratorio ecc) .

Ma la cosa più squallida è che le aziende produttrici di psicofarmaci sono spalleggiate da medici i quali non perdono l’occasione per censurare un’informazione scientifica corretta anche tramite l’espulsione di iscritti sul web, a comunità medico-scientifiche di tipo divulgativo, in questo caso anche il web risulterebbe uno spazio pilotato da interessi commerciali e non libero.

Le malattie mentali si possono ereditare? E’ scientificamente dimostrato che questo non è possibile.

Le malattie si possono ereditare? Assolutamente no, al massimo si possono ereditare alcune, ma poche, caratteristiche cognitive ovvero lo stile cognitivo: propensione x la logica, la creatività, la musica, aspetti che però hanno la necessità di essere esercitati (sono presenti in potenza) per poter essere costatati nel soggetto (fenotipo).

Da quando la strumentazione scientifica si è resa più potente e sofisticata, lo studio del genoma umano sta ampliando le conoscenze umane nel campo della genetica, ma come in ogni novità scientifica, si assiste a fondamentali problemi di natura epistemologica, il genoma umano viene considerato come qualcosa di fisso (cosa che non esiste in biologia) che si trasmette all’infinito in modo immutabile, questo da luogo ai soliti pregiudizi scientifici generati da certo antropocentrismo e bisogno di controllo degli scienziati che si atteggiano con superiorità, divulgando le loro interpretazioni, ponendosi come dei “principi della scienza” che tutto sanno, nessuna spiegazione è dovuta, facendo sentire chi non è all’interno della loro comunità ignorante e pertanto obbligato a fidarsi e a credere alle interpretazioni scientifiche che loro danno.

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Per quanto riguarda lo studio della genetica del cervello si conoscono i geni che permettono ai neuroni di produrre proteine che servono per la propagazione del potenziale di azione (neurotrasmettitori), ma è anche altrettanto chiaro che non sono i neuro trasmettitori ad essere responsabili delle “funzioni” del cervello, esse avvengono in virtù del circuito neuronale su cui si propaga uno stimolo neuronale, circuito che può avere diversi tipi di neurotrasmettitori, in altre parole abbiamo un sistema molto complesso di miliardi di interazioni neuronali del tipo: “eccitazione” – “inibizione” / “sinapsi chimiche” – “sinapsi elettriche” che permettono la tale emozione, la tale ideazione, il tale sentimento in relazione a: effetti interni o esterni al soggetto.

Ma quello che si sta divulgando da parte di alcuni scienziati e psichiatri, presumibilmente con il sostegno delle aziende produttrici di psicofarmaci, è che esisterebbero degli squilibri chimici dovuti a malattie mentali ereditarie che producono disagio mentale. Il che giustifica l’uso di differenti psicofarmaci contemporaneamente

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Questo è assolutamente impossibile perché uno stesso neurotrasmettitore può avere un’ azione eccitatoria o inibitoria, anche sullo stesso bottone sinaptico, quindi l’attività neuronale (funzioni cerebrali e contenuto del pensiero) avviene a secondo del circuito neuronale e non a secondo del tipo di neuro trasmettitore e quindi  è evidente che nessuno psichiatra è in grado, una volta che diversi psicofarmaci sono nel torrente sanguigno, di fare in modo che agiscano esattamente dove vi sarebbero i presunti squilibri chimici(causa chimica) (Kandel ed altri 2014).

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Inoltre non abbiamo evidenze scientifiche (tranne in malattie di tipo neurodegenerativo per es: Parkinson dove si hanno problemi motori e non ideativi) che dimostrino come il genotipo (ciò che i genetisti starebbero mappando) produca il tale “fenotipo” ovvero espressione del tale genotipo in termini di patologia ereditaria che produca il tale disagio mentale.

Abbiamo solo statistiche generiche che parlano di probabilità di ammalarsi di schizofrenia  sotto l’8% fra parenti (quindi rientra nei possibili eventi casuali) fino a un 17% nei gemelli dizigoti e 48% nei gemelli omozigoti, ma le gravidanza gemellari sono solo l’1% e quelle omozigote lo 0,25% di tutte le gravidanze, dato che pone il 48% della probabilità nei gemelli omozigoti di ammalarsi di schizofrenia negli eventi CASUALI.

E comunque parlare di probabilità (e non di certezza/causa deterministica) per esempio di ammalarsi di schizofrenia del 48% nei gemelli omozigoti non ci dice:

  1. quali sono i criteri di valutazione per la diagnosi di schizofrenia e se l’obiettività oggettività di questi criteri è valida.
  • Mentre abbiamo avuto delle ricerche che dimostravano che gli psichiatri non erano in grado di distinguere una simulazione di schizofrenia e che il solo andare a una visita psichiatrica dicendo che si sentivano le voci senza manifestare altri comportamenti conduceva lo psichiatra a fare una diagnosi di schizofrenia, che non veniva contestata poi da nessun altro psichiatra.
  1. la descrizione del campione di omozigoti che avrebbero portato a questa affermazione, ovvero: quanti erano? Erano stati separati dalla nascita in modo da escludere l’influenza socio ambientale? A quale etnia o popolazione appartenevano?
  • Mentre abbiamo avuto delle ricerche nel campo dell’etno-psichiatria, che dimostrano che la diagnosi di schizofrenia (incidenza e prevalenza) varia moltissimo a secondo delle zone geografiche.
  1. L’indice statistico di casualità/causalità, ovvero se i gemelli omozigoti fossero stati 10 su una popolazione mondiale di 8 miliardi la probabilità che si tratti di un evento casuale è alta.

Inoltre dev’essere chiaro che:

Da decenni sono state dimostrate modificazioni del DNA temporanee quindi il DNA non è fisso:

(…) Si distingue l’adattamento di tipo genetico, stabile e trasmissibile da un individuo alla prole, dall’adattamento di tipo fisiologico, non ereditabile, le cui modificazioni sono reversibili e avvengono in modo relativamente veloce. (…) http://www.treccani.it/enciclopedia/adattamento_(Universo_del_Corpo)/

Da decenni è stato dimostrato che una stessa sequenza genetica può avere differenti espressioni genetiche.

Epigenetica: (…) Termine (originariamente coniato per descrivere come l’informazione genetica viene utilizzata durante lo sviluppo per produrre un organismo) oggi usato per descrivere tutte quelle modificazioni ereditabili che variano l’espressione genica pur non alterando la sequenza del DNA. Con termini più tecnici, dunque, si definiscono epigenetici quei cambiamenti che influenzano il fenotipo senza alterare il genotipo(…)

http://www.treccani.it/enciclopedia/epigenetica_(Enciclopedia-della-Scienza-e-della-Tecnica)/

Inoltre è’ stata invece ampiamente dimostrata la plasticità neuronale in relazione all’apprendimento (e alla psicoterapia), ovvero la capacità del cervello se: stimolato (dall’ambiente esterno sia di tipo relazionale che di tipo ambientale), di creare nuovi prolungamenti neuronali (per lo più dendriti) che variano le connessioni e quindi I CIRCUITI NEURONALI responsabili di tutte le funzioni mentali.

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Concludendo non vi è alcuna dimostrazione scientificamente valida che “la chimica del cervello” e “la genetica” siano fattori determinanti per un disagio mentale (es ansia, depressione, angoscia) in quanto non incidono sul TIPO di ideazione (i contenuti dei pensieri) uno psicofarmaco può bloccare la possibilità di avere dei pensieri (demenza) o aumentare l’eccitabilità dei neuroni (impulsività-aggressività) ma non può “curare” modificando il contenuto dei pensieri. Solo il linguaggio e l’esercizio possono modificare i contenuti cognitivi di un soggetto (addestramento) oppure insegnare strategie per produrre un “corretto pensare-egosintonico” (psicoterapia).

E’ invece evidente l’interesse economico che giace dietro alla vendita di psicofarmaci, i quali causando dipendenza e cronicizzazione assicurano un introito costante per tutta la durata della vita del soggetto.

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